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«Oggi i genitori sono chiamati alla speranza per dare più coraggio ai figli»

In vista del Giubileo del prossimo anno, le famiglie sono chiamate a ripensare il proprio ruolo educativo

Dopo il Giubileo della misericordia, indetto in via straordinaria nel 2015, il prossimo Anno Santo, che dal 1300 il Papa proclama ogni 25 anni, avrà al centro il tema della “Speranza”.

‹‹Spes non confundit››, ‹‹la speranza non delude›› è il titolo che il Pontefice ha voluto dare alla bolla di indizione del Giubileo Ordinario del 2025, richiamando un passo della lettera che San Paolo scrive ai Romani mentre si appresta a raggiungere la capitale dell’Impero per continuare la sua opera di evangelizzazione. Scrive l’apostolo ai suoi fratelli che lo attendono: ‹‹la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato›› (Rm 5, 1-2.5). E più avanti: ‹‹ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza›› (Rm 5, 3-4).

Nel cuore di ogni uomo vive la speranza, come ci ricorda Papa Francesco, che è sostanzialmente attesa del bene futuro. Tempi avversi però generano spesso sfiducia e sconforto. Ma i cristiani sono chiamati con la Chiesa tutta a scrutare i segni dei tempi e trasformarli in segni di speranza. A questo ci richiama la bolla papale: cercare i segni del bene che vive nel mondo e ‹‹una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere›› perché non venga meno, come purtroppo dobbiamo constatare nel tempo presente, innanzitutto il desiderio di trasmettere la vita.

Il calo della natalità a cui si assiste in tanti paesi occidentali è facilmente riconducibile all’insicurezza generata da un modello di sviluppo improntato al profitto, in nome del quale non si esita a comprimere, fino a cancellarle, garanzie lavorative e tutele sociali. Questo dato è facilmente leggibile se la presenza di figli continua ad essere la seconda causa di povertà in Italia. Ma ‹‹l’apertura alla vita con una maternità e una paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne››. Da qui il richiamo a tutta la comunità cristiana affinché sia in prima fila a sostenere un’alleanza sociale per la speranza, perché la stessa generatività dipende dalla speranza e genera speranza per il singolo e per la società.

Il segno di speranza richiamato nel documento papale e che in primis come genitori e credenti siamo chiamati a illuminare è rivolto ai giovani: prendiamoci cura dei ragazzi, scrive Papa Francesco, degli studenti, dei fidanzati, degli sposi, delle giovani generazioni. Facciamolo nelle comunità dei credenti e nella comunità civile, con gesti concreti e testimonianze tangibili che diano il segno che la vita è chiamata a fecondare se stessa e a perpetuare il dono del Creatore di generazione in generazione.

I giovani rappresentano essi stessi la speranza e non si può accettare che il futuro sia “impermeabile ai sogni”, che lo studio “non offra sbocchi” e un’occupazione non stabile “azzeri i desideri”. Ma se i giovani rappresentano la speranza, tocca a noi genitori tenerla viva, mostrare loro per cosa vale la pena vivere, affrontare la fatica dell’esistenza, il timore delle avversità future, il sopraffarci del tempo e della morte. Se non saremo noi, padri e madri, a testimoniare loro la speranza a chi si rivolgeranno?

Riecheggiano a questo proposito le parole dell’apostolo Pietro che, alla domanda di Gesù, rivolta ai dodici, se intendano andarsene anche loro a causa della durezza di alcuni suoi precetti, risponde: ‹‹Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna››. E’ questo che bisogna offrire ai giovani: parole di vita eterna, affinché anche la vita terrena, provata da delusioni e affanni, acquisti un senso ulteriore, generatore e frutto di speranza.

Siamo chiamati a testimoniare un discorso altro rispetto al lessico contemporaneo che consegna ai ragazzi un presente di guerre e sopraffazioni e un futuro di solitudine sociale. Non ci è concesso desistere, invocare la resa per sconfitta manifesta. Al contrario: sia il nostro lavoro educativo e di cura quotidiano e portato avanti insieme a chi come noi ha scommesso sulla vita e sulla sua generatività. Sia la speranza la nostra eredità ai figli molto più di beni materiali e carriere sfolgoranti per accaparrarseli. Cos’altro potremmo sperare di più alto come genitori che trasmettere ai nostri figli la speranza? Sia allora l’anno del Giubileo un anno davvero santo, un “anno in più”, come vuole la tradizione ebraica, per proclamare la speranza.
Umberto Palaia
Presidente Nazionale


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Fonte:Avvenire