Scuola statale e scuola non statale

Pluralismo democratico
di Giuseppe Marzetta

Pubblichiamo un contributo del 1980 scritto dal primo presidente dell'Agesc, Giuseppe Marzetta, scomparso nel 1990. Lo si ripropone ora per la lucidità culturale che esprime; una riflessione tuttora attuale, ma che allora era come "voce che grida nel deserto". È inoltre un ricordo del caro Marzetta, con il quale si intende alimentare la coscienza storica dell'associazione.

Sono numerosi i quesiti che si vanno proponendo su questo argomento. Nell'ambito più elementare dell’esperienza e della coscienza pedagogica, educativa, socio-scolastica, e in quello dei fondamenti democratici dell’organizzazione dello Stato come organizzazione della comunità sociale, si possono delineare linee per una risposta a tali questioni.
Le due definizioni e contrapposizioni: "scuola statale" e quella più recente di "scuola autonoma" a qualunque livello d’educazione e di scolarità – nel nostro ordinamento democratico-pluralistico - non appaiono corrette e si prestano all’equivoco: sembra molto più esatto parlare di scuole "pari" fra loro, ed in questo senso "paritarie". Tra l’altro, il termine ed il concetto sono costituzionali.
Una domanda è basilare e fondamentale: si pensa ad uno "Stato pluralistico" nella sua sostanza originaria e nella sua conseguente organizzazione giuridica; o si pensa soltanto ad uno Stato che "ammette" a proprio giudizio e potere, magari a proprio arbitrio, addirittura che "concede" il pluralismo.
Ed allora, nel secondo caso: perché e come lo concede? Totale? Parziale? Dando sovvenzioni, negandole, ossia "senza oneri per lo Stato"? Concedendole in un senso ampio, oppure restrittivo, o negandole in tutto e in assoluto? E – sia permettendo le scuole non sue, sia sovvenzionandole in varia misura – con quali garanzie, con quali termini di eventuali sovvenzioni, con quali richieste di controllo? E così via!