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«L’intelligenza artificiale e il dominio della tecnica interrogano noi genitori»

Il neo eletto Presidente Nazionale riflette sullo sviluppo della tecnologia in relazione alla vita umana

La scorsa settimana il Pontefice ha partecipato al Forum intergovernativo del G7, tenutosi in Italia, a Borgo Egnazia (Bari) , rivolgendo il proprio appello ai leader mondiali affinché l’intelligenza artificiale sia ordinata al bene di ogni essere umano e abbia un’ispirazione etica improntata al rapporto tra libertà e responsabilità.

Papa Francesco ha ricordato che l’intelligenza artificiale «potrebbe essere utilizzata certamente per produrre energia pulita e rinnovabile ma anche per ridurre il nostro pianeta ad un cumulo di cenere». La finalità per cui verrà impiegata dipende, quindi, dalle scelte che gli uomini opereranno.

Il Papa ha così richiamato chi detiene il potere per determinare le scelte politiche delle nazioni ai propri obblighi morali e all’impegno ad un uso etico delle scoperte tecnico-scientifiche. È venuto il momento per noi laici, impegnati in un lavoro educativo che ha a cuore le nuove generazioni, di porsi interrogativi coraggiosi, che proprio l’avvento dell’AI e della sua applicazione in tanti campi, compresa la robotica, ci impone. È opportuno abbandonare l’ambiguità di un giudizio che vorrebbe la tecnica come neutrale, né buona né cattiva, ma adattabile ai fini dell’uomo. Dovremmo confrontarci con la lezione dei maggiori filosofi del secolo scorso e chiederci se la tecnica non tenda a divenire essa stessa un fine ultimo, in quanto l’uomo vi scorge la realizzazione della propria volontà di potenza. Potremmo anzi supporre che quando Nietzsche annuncia la morte di Dio, all’alba del ‘900, non lo faccia per mero furore ateista e iconoclasta, bensì perché riconosce che la dea tekne ha sostituito nel cuore dell’uomo, suo contemporaneo, il Dio della legge mosaica. La speranza non è più riposta nella Provvidenza che salva, bensì nella scienza che guarisce e sfama. E pone fine alle guerre (pensiamo al messaggio del pluripremiato film Oppenheimer).

La logica che soggiace al dominio della tecnica, tale per cui oggi si parla di tecnocrazia, è che «se una cosa si può realizzare perché non farlo? Se si possono realizzare armi più potenti, se si può produrre di più e più intensamente, se si può manipolare il corpo umano e far diventare diritti i desideri prima irrealizzabili, perché non farlo? Quale Dio ci fermerà se Dio è morto?». Si tratta allora di dire no al progresso scientifico, di rifiutare le soluzioni della tecnica? No. Non lo crediamo affatto, come non lo crede senz’altro il Pontefice che ha detto, sempre al G7, «non si può fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso» Mai nella storia dell’uomo una porzione così ampia dell’umanità è stata libera da fame e malattie, dalla schiavitù di lavori usuranti e alienanti. Mai la conoscenza universale era stata condivisa, a disposizione di tutti, come avviene grazie alle tecnologie digitali. La Chiesa stessa si pone in dialogo con la scienza in modo partecipato, avendo da tempo archiviato sentimenti antimodernisti e timori di resa ideologica.

Si tratta piuttosto di prendere coscienza dei pericoli e governarli.

È necessario ritornare ad un umanesimo radicale, fondato sull’uomo non in quanto “Io assoluto”, come affermava un altro nichilista tedesco, Max Stirner, bensì in quanto creatura che si riconosce parte di un creato, esso stesso creatura e non demiurgo come nel delirio del Dott. Frankenstein. Solo così si potrà riconoscere il limite oltre il quale, in una eterogenesi dei fini, la tecnica prende il dominio e l’uomo, la natura, il pianeta intero, diventano un mero mezzo. Già diversi studi di neuroscienze ci avvertono sull’amplificarsi di certi bias cognitivi a causa dell’uso massiccio e incontrollato dei social network e degli applicativi digitali in genere. Il nostro cervello e le sue modalità di funzionamento non sono indifferenti all’esposizione a stimoli per certi versi inediti. Anzi esso risponde in modo adattivo e mentre pensiamo di controllare gli strumenti digitali essi finiscono per controllarci e condizionare le nostre risposte cognitive e comportamentali. La sfida per il lavoro educativo è enorme e non sorprende che questi argomenti siano sempre più centrali nei percorsi di riflessione a scuola e in altri contesti formativi. Come genitori siamo chiamati a un confronto con queste tematiche, impegnandoci a conoscerle, senza cedere a facili entusiasmi, ma neanche a chiusure ideologiche.
Umberto Palaia
Presidente Nazionale


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Fonte:Avvenire