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Genitori, senza formazione di qualità la povertà educativa aumenterà

Oggi i genitori hanno un ulteriore motivo per chiedere alle istituzioni più qualità nell’istruzione e formazione manifestando tutta la preoccupazione per un impoverimento formativo che, se non affrontato con un più forte impegno, rischia di affondare pericolosamente centinaia di giovani ad una disuguaglianza sociale non reversibile.

Lo certifica il rapporto Bes 2023 sul benessere equo e sostenibile in Italia a cura dell’Istat ed è una relazione che non lascia scampo all’ottimismo e molto poco alla speranza.

Anche senza l’Istat, noi genitori e nonni vediamo ogni giorno quanto la povertà in generale e la povertà educativa di una famiglia incida sul futuro dei propri figli nell’inserimento a pieno titolo nella nostra società. Dietro lo slogan un po’ propagandistico «che nessuno resti indietro» si palesa un’amara verità: la medicina più efficace per ridurre le disuguaglianze è una sola: l’istruzione.

Studiando il rapporto, i cui indicatori sono in totale 152 di cui 38 confrontabili a livello europeo, si evidenzia come la dispersione scolastica un po’ migliori ma rimane pur sempre 2 punti percentuali sopra la media Europea (dati 2022) che è del 9,6%.

Rattrista non poco leggere che le regioni meridionali sono agli ultimi posti, insieme a Romania e a Bulgaria, e non riescano, nonostante alcuni tentativi “Ministeriali” avvenuti nel passato, a risalire la classifica. Migliora la quota delle persone con laurea tra i 25 e i 34 anni, siamo al 30,6% ma sempre meno della percentuale europea che si attesta al 43,1%.

La domanda che ritorna è: possiamo trascurare di formare il nostro capitale umano, cioè i giovani, o lasciarli andare a fare i dirigenti di grandi aziende anche pubbliche all’estero? La questione formazione non è mai stata -diciamocelo francamente- una priorità nazionale ed anche in questi tempi di elezioni europee o di elezioni locali, nei programmi dei candidati i temi sono soprattutto altri. Sacrosanti ma decisamente altri.

Eppure oggi all’alba dello tsunami demografico risulta ancora più urgente investire risorse economiche e professionali per aumentare le competenze, gli skills, formare meglio i docenti, modificare impostazioni dei programmi di studio ormai obsoleti e quindi non più adeguati ad affrontare queste sfide e le nuove fragilità dei giovani. È una priorità del Piano nazionale di ripresa e resilienza ma basterà per rispondere la nostra emergenza nazionale? Il Rapporto con gli altri stati continentali è sempre impietoso anche sui cosiddetti Neet (persone trai i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano) scesi al 16,1%: in Europa la media però è del 11,2%.

Le minori o addirittura nulle competenze dei futuri cittadini italiani significa già oggi una minore o meno qualificata partecipazione al mondo del lavoro, retribuzioni più basse vorranno dire precludere ai figli una vita sociale adeguata. Una sfida imprescindibile è l’inclusione dei giovani stranieri a pieno titolo nella scuola per renderli partecipi della formazione della comunità nazionale: più formazione per loro e più capitale umano per il Paese e per il mondo. Uno spreco di potenzialità non investire sulle lavoratrici e sui lavoratori che genera ulteriore disuguaglianza e potenziale aumento del conflitto sociale quando, ad esempio, l’istruzione professionale - di cui abbiamo parlato la settimana scorsa proprio in questo spazio - sta dimostrando risultati eccellenti. Il rapporto Bes conferma un divario tra ricchezza e povertà che si accentua in Italia come in Europa, il 50% degli europei dalla metà degli anni 90 è un po’ più povero mentre l’1% dei ricchi ha aumentato la propria ricchezza.

Fa riflettere che questo dato non vale per Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Lettonia e Spagna. Lauree sempre più costose aumentano le disuguaglianze, la globalizzazione ha contribuito ad impoverire le classi medie, si è ampliata l’area della povertà assoluta e relativa: l’Unione europea dei saperi e delle competenze sembra un vago ricordo.

È d’obbligo chiedere anche ai candidati alle elezioni europee dei nostri distretti un impegno di coscienza affinché le politiche continentali sostengano la formazione e l’educazione.

Più impegno in questi campi significa maggiore opportunità per il benessere economico, allargamento dei rapporti sociali, più capacità nel tessere relazioni, minore solitudine, più comunità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte:Avvenire