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Cent’anni dopo, la lezione di Barbiana ancora attuale per la scuola di oggi

Nell’anniversario della nascita di don Milani i genitori degli istituti cattolici ripartono dal suo carisma

Non è questo il luogo per ripercorrere la biografia di un grande educatore come Don Milani, del quale ricorre domani il centenario della nascita. Tuttavia, non possiamo non ricordare come la vita breve e intensa di questo sacerdote-educatore si sia svolta in un arco del XX secolo caratterizzato da forti elementi di discontinuità, dei quali egli, come capita ai grandi spiriti, colse con incredibile anticipo il verificarsi, ben prima che se ne rendessero conto quanti, a diversi livelli (politici-culturali-ecclesiali) avevano responsabilità di guida. Per questo egli ci appare oggi, a distanza di un secolo dalla nascita e di quasi cinquant’anni dalla morte, un uomo di rottura, un esploratore di nuovi equilibri sociali e culturali, un profeta di nuove frontiere.

Dal 1923 al 1947, quando fu ordinato sacerdote, non solo si verificarono eventi che cambiarono i rapporti di forza all’interno della società, ma nacquero, caddero, si riconfigurarono istituzioni e organizzazioni che in un avvicendarsi tumultuoso e distruttivo ridisegnarono la cultura e la mentalità comune: il fascismo e le sue violenze, le leggi razziali, la guerra, la devastazione dell’Italia, la Resistenza e la nascita della Repubblica. Il mondo umbratile e periferico in cui egli fu mandato a compiere la sua missione nei primissimi anni del secondo dopoguerra sembrava immobile, muto, lontano dai tumulti del tempo; eppure là egli esplicò la potenza della sua concretezza educativa. Egli comprese nell’intimo che l’afasia degli umili era il primo male da estirpare e che l’educazione era il campo nel quale dare concretezza a quel passo del Magnificat che in riferimento al Signore dice: « Ha disperso i superbi/nei pensieri del loro cuore;/ha rovesciato i potenti dai troni/ha innalzato gli umili». Questa fu la sua sfida, qui egli usò come leva, per scardinare un sistema che non voleva assumere la responsabilità educativa come forma di ineludibile azione sociale, quell’espressione divenuta ormai l’emblema della sua pedagogia: I care, mi sta a cuore, è mia cura.

In proposito, come Agesc, ci piace ricordare che le prime parole della Lettera sono «Questo libro non è scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. È un invito a organizzarsi». Non sempre viene ricordata questa esortazione, che dimostra come egli avesse compreso il valore delle alleanze pedagogiche e la necessità che l’educazione fosse un’azione condivisa e assunta come impegno comune. In realtà a noi sembra che la cifra semantica di Don Milani sia da individuare in una battagliera umiltà, che attingeva la sua forza proprio dal rispetto degli ultimi che voleva servire. Bisogna andare avanti nella lettura di quel libro e cogliere nelle indagini sociologiche che vi vengono riportate in appendice la capacità profetica di concepire l’educazione come necessità costitutiva di un nuovo sistema sociale più complesso e nuovo, che non può rinunciare a nessuno dei suoi componenti perché nella cultura e nell’autonomia di ogni individuo, singolarmente preso, si fonda, si radica la forza di una comunità. Principio, questo, sinteticamente espresso, con la consueta potenza di Don Milani, nella frase «ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».

Papa Francesco nel 2017 ha onorato l’impegno di don Lorenzo Milani con un discorso pieno di affetto e di stima: «Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società…». Qui troviamo sintetizzato il valore profondo di una scelta che ha accolto e compreso in pieno il messaggio evangelico «la Verità vi farà liberi» perché « L’educazione è risvegliare nelle coscienze la verità …». (E. Balducci - L’insegnamento di don Lorenzo Milani).

Un pensiero che, come genitori e come Agesc in particolare, ci interpella, ci sfida, ci sprona: al di là del tempo e delle contingenze.

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Fonte:Avvenire