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Formazione professionale tra luci e ombre. Serve un cambiamento culturale

Milano - Cosa servirebbe per rivalorizzare il settore che combatte la dispersione scolastica Macroscopiche le differenze tra nord e sud del Paese, con una concentrazione in 10 regioni del Centro Nord -

«La formazione professionale in Italia dovrebbe essere 'l’intelligenza sulle dita delle mani' – così afferma Roberto Gontero presidente nazionale Agesc citando Richard Sennet – ed è necessario un cambiamento del quadro culturale generale che torni a valorizzare il settore. Non dimentichiamo che rappresenta una risposta concreta ed efficace alla dispersione scolastica e risponde alle esigenze delle famiglie di fascia debole, e della realtà economica».
In Italia dal 2003 al 2015, parlando della sola Istruzione e Formazione professionale, si è passati da 25.000 a 320.000 allievi. A questo ramo della formazione va aggiunto il ben più vasto universo che riguarda il mondo adulto, composto da disoccupati di breve e lunga durata, cassintegrati, immigrati, fasce svantaggiate e lavoratori in riconversione professionale. Basti dire che il sistema dei tirocini formativi con indennità, nella sua articolazione di legge, rappresenta la via italiana di risposta al problema della disoccupazione nel nostro paese. Le competenze sviluppate dal sistema formativo rappresentano una fetta non trascurabile di professionalità di cui hanno bisogno il mondo dell’artigianato e dell’industria, sia nella produzione che nei servizi. Fin qui le luci, cioè il valore sociale ed economico di tale sistema, per comprendere l’importanza e il peso socio-economico di tale servizio che, se paragonato con gli altri paesi dell’Unione Europea, appare ancora gravemente sottodimensionato. Sul piano dell’assetto complessivo del settore il quadro generale si presenta frammentato e disorganico. Non esiste una legge quadro italiana che regoli il sistema delle qualifiche, e fondamentalmente, come previsto dall’articolo 117 della Costituzione, la materia è demandata alle regioni. Se da un lato ciò ha un senso per rispondere alle peculiarità locali del mercato del lavoro, dall’altro si deve registrare una macroscopica differenza di situazioni tra regione e regione, in particolare modo tra nord e sud del nostro Paese, con una concentrazione in 10 regioni del Centro Nord.
Le criticità del sistema di formazione professionale sono molte, ma almeno due incognite pesano come macigni sul futuro del settore: una determinata dalla Legge 107/2015 e dai conseguenti decreti delegati al Governo, da emanare entro pochi mesi, la seconda dalla riforma del Titolo V della Costituzione sottoposta a referendum a dicembre. «Potremmo avere – conclude Luciano Casmiro responsabile FP di Agesc – una presenza diffusa di queste scuole in tutto il Paese, rischiando però di perdere per strada realtà eccellenti. Ci vorrebbe una disciplina omogenea, che desse certezza di indirizzo e fisionomia al settore e al tempo stesso salvaguardasse la componente di flessibilità che il sistema formativo è capace di dare in risposta alle mutevoli esigenze delle imprese e del mercato del lavoro in genere. Lo Stato dovrebbe essere un 'regolatore' e non un 'gestore' di scuole».