Scuole cattoliche. Palaia (Agesc): “I genitori siano coscienti della loro soggettività politica”
Scuola cattolica come scelta di libertà educativa non ancora garantita perché “il sistema discrimina su base economica” chi, pur pagando l’Irpef e desiderando scegliere, “non ha alternative alla scuola statale, l’unica interamente finanziata dai soldi pubIl XXI Congresso nazionale dell’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc), svoltosi l’1 e 2 giugno a Montecatini Terme, ha rinnovato il proprio Comitato esecutivo nazionale eleggendo Umberto Palaia alla presidenza nazionale per il prossimo triennio. Sposato con due figli, 47 anni, commercialista d’impresa, il neopresidente dice al Sir: “È fondamentale che i genitori delle scuole cattoliche prendano coscienza della loro soggettività sociopolitica”. Lo abbiamo intervistato.
Presidente, qual è oggi il volto dell’Agesc e com’è il suo stato di salute?
Il volto emerso dal Congresso è quello di un’associazione fatta di tanti genitori, mediamente giovani, che offrono le proprie competenze, il proprio tempo libero, il proprio amore per la missione educativa da compiersi in comune con le scuole cattoliche.
Le risorse dell’Agesc sono abbondanti anche fuori dall’esecutivo eletto, in cui pure sono rappresentante molte realtà territoriali di tutta la penisola, da Nord a Sud. Lo stato di salute, quindi, è buono ed è attestato dal lavoro incessante dei nostri soci negli istituti scolastici, nei comitati, nel confronto con le altre associazioni che hanno a cuore i temi dell’educazione e della famiglia. Inoltre, l’Agesc, che l’anno prossimo compirà 50 anni, ha radici, valori ed esperienze consegnati dai soci più anziani a quelli più giovani in un cammino comune, a garanzia della trasmissione intergenerazionale. Lo si è visto anche all’ultimo Congresso, dove la presenza dei passati presidenti nazionali, Enzo Meloni, Roberto Lombardi, Roberto Gontero, e di tanti soci che da decenni si spendono per la libertà educativa, è stato vivificante e ci ha aiutato a consolidare il nostro progetto associativo.
Quale il cammino percorso e quali le sue priorità di impegno?
Nel suo quasi mezzo secolo di vita l’Agesc ha toccato tappe fondamentali, come la Legge Berlinguer, di un cammino indirizzato verso la realizzazione di un sistema educativo unico, in cui il servizio pubblico sia erogato alla pari dalle scuole statali e paritarie e, quindi, davvero in modo plurale. Negli ultimi tre anni l’Agesc ha lavorato molto per consolidare la propria presenza come associazione nazionale anche mediante l’iscrizione al Runts (Registro unico del terzo settore, ndr.). Tra le mie priorità, portare i genitori ancora lontani e disimpegnati a conoscenza di questo strumento aggregativo fondamentale che è l’Agesc. Non c’è infatti un’altra realtà delle nostre dimensioni che si incarichi di portare avanti le istanze delle famiglie che vogliono partecipare attivamente al progetto formativo-scolastico dei propri figli, né che intenda perseguire la libertà educativa effettiva, ovvero la possibilità per i genitori di scegliere la scuola dei figli senza impedimenti e condizionamenti economici.
È fondamentale che i genitori delle scuole cattoliche prendano coscienza della loro soggettività sociopolitica, ossia di essere portatori di istanze che, se realizzate, producono un effetto positivo su tutta la società e concorrono al bene comune.
A 25 anni dalla legge, la piena parità scolastica, e quindi l’effettiva libertà educativa, è ancora lontana…
Già al momento della sua promulgazione, l’Agesc accolse criticamente la legge sulla parità perché priva della parte di erogazione finanziaria alle famiglie, che riteniamo ancora oggi fondamentale per garantire la libertà di scelta educativa. Le famiglie che scelgono la scuola paritaria concorrono mediante imposizione diretta, l’Irpef per capirci, a finanziare il sistema educativo nazionale e devono poi sostenere nuovamente il costo dell’istruzione dei propri figli pagando le rette della scuola paritaria.
È un sistema che discrimina su base economica chi, pur desiderando scegliere, non ha alternative alla scuola statale che è l’unica interamente finanziata dai soldi pubblici.
Il tema di mettere nelle mani dei genitori uno strumento quale può essere il voucher scolastico o buono scuola è per noi ancora attuale, e purtroppo irrealizzato in tante regioni d’Italia. Dove esiste, come in Lombardia e Veneto, è stato dimezzato dal contingentamento mediante l’indicatore Isee la cui applicazione è virtuosa quando si tratta di erogare prestazioni sociosanitarie, ma assolutamente distorsivo se utilizzato per contemperare uno strumento, il buono scuola, che deve garantire la libertà di scelta educativa per tutti, indipendentemente dal reddito.
Quanto è importante il protagonismo dei genitori all’interno della comunità educante, ruolo messo in discussione da una generalizzata crisi di autorevolezza?
Per noi è fondamentale. Già con l’Enciclica Gravissimum Educationis la Chiesa esortava i genitori a farsi carico, in quanto educatori primari, della missione formativa dei propri figli in collaborazione con le scuole di ispirazione cattolica. Credo che quel messaggio sia ancora attuale e che la crisi di autorevolezza di cui lei parla possa essere superata proprio mediante un’alleanza tra genitori e scuola, in cui le figure educanti condividano finalità e metodi del progetto formativo e si sostengono a vicenda conferendo l’uno all’altro quell’autorevolezza che i ragazzi cercano per essere guidati nella crescita.
Tra le nuove sfide educative c’è anche il gender…
In qualità di associazione laicale ecclesiale formata al Magistero della Chiesa cattolica, affronteremo anche questo tema illuminati dagli insegnamenti che sostanziano la visione antropologica cristiana. Da questo punto di vista ritengo fondamentale il documento “Maschio e femmina li creò – per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione”, redatto dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, nel quale viene offerto un metodo per affrontare la questione che si articola nei tre atteggiamenti dell’ascoltare, del ragionare e del proporre, invitando a distinguere tra l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane.
L’Agesc, lei diceva, si è iscritta al Runts. Per le scuole cattoliche che cosa comporta l’appartenenza al Terzo settore?
Comporta senz’altro un percorso formativo sui presupposti giuridici, economici e fiscali degli Enti del Terzo settore e, quindi, anche un lavoro di trasformazione, laddove necessario, dei propri statuti, prassi e gestione. Ma credo sia l’opportunità per definire in maniera chiara e normata il proprio status di enti senza scopo di lucro. Molte scuole sono Ets di fatto. L’adesione agli standard del Runts credo possa portare a maggiore trasparenza, premiando gli istituti più virtuosi che si propongono, in ragione delle loro capacità e competenze, come interlocutori di un partneriato pubblico-privato fondamentale per il nostro paese. Non devono spaventare le difficoltà derivanti dalla burocrazia. Si deve guardare piuttosto alle opportunità, anche di modernizzazione, che questo percorso offre.
In quanto presidente Agesc, la preoccupa l’impatto che l’autonomia differenziata appena approvata potrebbe avere sulle scuole cattoliche?
L’istruzione è fra le 14 materie su cui la concessione di maggiore autonomia è subordinata alla determinazione dei cosiddetti Lep, i Livelli essenziali di prestazione, che il governo dovrà approvare entro due anni. Questo passaggio sarà determinante per valutare l’impatto che la norma potrà avere in termini di equanimità tra tutte le regioni.
Anche dal punto di vista della parità economica, indispensabile per realizzare la libertà di scelta educativa, bisogna aspettare per capire se l’autonomia possa inibire l’applicazione di strumenti e meccanismi di finanziamento alle scuole paritarie e di sostegno alle famiglie dalla valenza universale. Al momento la legge approvata il 19 giugno si limita a stabilire l’iter procedurale che le singole regioni dovranno seguire per ottenere l’autonomia su determinate materie.
Altri e numerosi provvedimenti saranno, quindi, necessari per attuare la riforma. Per questo auspichiamo che nel prosieguo venga accolto l’appello del card. Zuppi affinché le riforme in generale vengano fatte coinvolgendo tutte le forze politiche e sociali, creando il consenso più ampio possibile intorno ad esse.
Noi italiani abbiamo un esempio storico altamente istruttivo nell’esperienza della Costituente, dove liberali, cattolici, comunisti e socialisti collaborarono alla redazione della nostra carta fondamentale.
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Fonte:Agenzia SIR