Pochi fondi, tutti per nidi e materne. Non c’è vero rilancio per le paritarie

Pochi fondi, tutti per nidi e materne. Non c’è vero rilancio per le paritarie

Decreto «Rilancio», ma non per l’intera scuola paritaria. Almeno per ora, auspicano i diretti interessati. Leggendo il testo provvisorio del decreto illustrato due sere fa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, mancano interventi specifici a sostegno della scuola paritaria in particolare quella del percorso elementari-superiori. Il decreto attualmente nel suo testo prevede un intervento soltanto per il segmento 0-6 anni, cioè gli asili nido e la scuola dell’infanzia: 80 milioni complessivi, di cui 65 a copertura del mancato pagamento delle rette e 15 per un fondo specifico delle Regioni sempre destinato alle paritarie che operano in questa fascia d’età. Un mondo nel quale sono presenti scuole dell’infanzia gestite dalle amministrazioni comunali e quelle promosse dal privato sociale (ad esempio parrocchie, Congregazioni e cooperative di genitori). Uno stanziamento ben lontano dalla cifra indicata da specifici emendamenti presentati a suo tempo per il decreto scuola, in cui si chiedevano almeno 230 milioni di euro». Al momento nella bozza di decreto ne sono previsti, come detto, solo 80 milioni che rischiano di non essere comun- que sufficienti ad affrontare il problema.

Per il resto della scuola paritaria (dai 6 ai 19 anni), sempre stando alla bozza di decreto ampiamente diffusa ai mezzi di comunicazione, vi sarà la possibilità di accedere ai fondo stanziato per sostenere in sicurezza la prossima maturità (interventi di sanificazione degli ambienti e acquisto dei dispositivi di sicurezza). Il decreto fissa a 39,5 milioni di euro la consistenza di questo fondo speciale.

Nessun segnale invece per le famiglie che in questi mesi di chiusura delle scuole hanno comunque sostenuto la spesa delle rette. Alla vigilia del varo di questo decreto il ministro della Famiglia, Elena Bonetti ha strappato un impegno formale del suo collega dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri di inserire nella fase di stesura definitiva del testo anche un intervento da 62 milioni di euro rivolta proprio alla popolazione della scuola paritaria di elementari, medie e superiori. Un impegno, che alla luce dell’attuale bozza, non è ancora diventato un articolo nero su bianco. Una situazione che «preoccupa», fanno sapere dalla Conferenza

episcopale italiana, che auspica, invece, «venga assicurato a tutti l’accesso al percorso scolastico, che non può non comprendere quello paritario che rappresenta una ricchezza e un patrimonio di tutti».

Con molta probabilità il confronto si sposterà ora nelle aule parlamentari dove approderà il decreto nella sua versione definitiva. Alcune forze politiche già preannunciano emendamenti (tra i primi il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani: «Ci batteremo per impedire la chiusura del 30% delle paritarie»), anche dentro la maggioranza (con il deputato di Italia Viva Gabriele Toccafondi). Di certo le associazioni del mondo della scuola cattolica paritaria - che avevano lanciato forte e chiaro un appello: «Se non ci saranno fondi sarà una condanna a morte per queste istituti» - continueranno. a loro volta, a sollecitare un’inversione di tendenza. Nei prossimi giorni le associazioni avranno un confronto interno probabilmente per ridare slancio a questo impegno, che va «a vantaggio di tutto il Paese», sottolineano. Delusione è stata espressa anche dal presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari Gigi De Palo: «Nessuna delle nostre proposte, anche sulle paritarie peraltro ampiamente sostenibili, concrete e di buon senso, è stata accolta». «Si rischia di mettere una pietra tombale sulla scuola paritaria» commenta l’Associazione genitori scuole cattoliche. La palla resta nel campo del governo, che in questi giorni dovrà dare una forma definitiva al testo del decreto. Le famiglie di studenti e alunni delle paritarie attendono un segnale positivo. In gioco la possibilità delle famiglie di esercitare il diritto di scelta in campo educativo e delle scuole di proseguire il proprio servizio didattico al Paese.

Avvenire del 15 maggio 2020 - Enrico Lenzi