A Treviso lo studio sulla famiglia ai tempi di WhatsApp: ingiusto demonizzare la rete
Ora non c’è solo la dimensione del faccia a faccia, ma anche quella della comunicazione da remoto con con Facebook e le chatTREVISO. Così come Simenon non potrebbe scrivere un nuovo Maigret prescindendo dall’uso del cellulare e della rete, così non è possibile parlare dei rapporti e delle dinamiche familiari senza tener conto delle nuove tecnologie e della “piazza totale e totalmente scoperta”rappresentata dai social.
Se n’e parlato (organizzava Centro della Famiglia) ieri sera alle Edizioni Paoline, durante alla presentazione dell’indagine “Le relazioni familiari crescono nell’era digitale», sottotitolo “Basta allo scontro tra gli educatori sull’uso delle tecnologie”.
«Dai dati dell’indagine è emerso che l’ibridazione delle relazioni interpersonali con la rete sembra avere più effetti positivi che negativi per la coesione familiare - ha detto Francesco Belletti, direttore del Centro studi internazionali sulla famiglia (Cisf) che alle Paoline ha presentato il Rapporto 2017 dedicato alle “Relazioni familiari nell’era delle reti digitali”.
L’indagine è stata scientificamente corretta e condotta con 3.708 rilevazioni.
«Tutto ciò che aiuta le relazioni in famiglia», ha aggiunto Adriano Bordignon coordinatore del Centro della Famiglia che in collaborazione con il Forum provinciale famiglie aveva organizzato la presentazione, «rappresenta un valore; l’eccessiva esposizione ai social e agli strumenti dell’era digitale restano tuttavia ancora un rischio. Le relazioni in famiglia sono diventate ibride come spiega la ricerca, nel senso che non c’è solo la dimensione del faccia a faccia, ma anche quella della comunicazione da remoto con WhatsApp e con Facebook. Ci aspettiamo la partecipazione in particolare delle coppie con figli e degli educatori».
A partire dai dati dell’indagine, secondo il Centro della Famiglia l’uso delle reti digitali può quindi essere letto come un segno positivo e di realismo nei confronti delle nuove tecnologie che devono partecipare al percorso formativo dei giovani. Sia la scuola che la famiglia hanno il compito di comprendere il cambiamento e di non sottrarsi all’impegno educativo».
L’incontro di ieri sera, moderato da Lina Paronetto - è stato la conferma, percentuali alla mano, del fatto che non serve più schierarsi nell’ennesimo scontro tra tradizionalisti e innovatori o, per dirla alla Umberto Eco, tra apocalittici e integrati, quanto piuttosto riconoscere con attenzione rischi e possibilità.
Non va infatti trascurata la negatività della componente compulsiva, che fa sì che molti spiattellino sulle vie dei social le loro esperienze umane ma anche le loro miserie o, peggio ancora, debolezze congentite. Ma è anche vero che spesso la consultazione di queste piazze mediatiche consente di capire meglio i momenti di ficili di qualche componente della famiglia, senza bisogno di poco edificanti “autodafè” che possono mettere alla berlina il singolo ed esporlo a pesanti rifiuti dettati dall’immediatezza.
Dall’indagine esce infatti un dato importante: «La famiglia ‘ibridata’ non è né buona né cattiva, propone una forma diversa di relazionalità.
E questo vale anche per le famiglie in crisi o quelle “sfasciatesi”: spesso il social dà, attraverso le sue sponde e la rete di “amicizie”, un quadro della situazione molto più veritiero di qualsiasi altro “tam tam” relazionale. ll social network preferito dalle famiglie è WhatsApp, che ospita la maggior parte dei collegamenti familiari (l’82%), su Facebook se ne verificano poco più della metà. WhatsApp, tra l’altro, con un canale di comunicazione telefonica praticamente gratuito, consente alle famiglie di restare “unite” anche ai “nuovi figli”, che spesso si recano all’estero per avventure
di studio più o meno protratte nel tempo.
Insomma, la rete non risolve problemi familiari ma può aiutare a creare le condizioni perl l’apertura di dibattiti di gruppo e regalare passaggi che il “normale dire” a volte incoraggia ben poco.
La Tribuna di Treviso del 17 febbraio 2018