Sottoscrivo il vostro appello: le scuole libere servono. Agli alunni, non ai mercati
Occorre subito una rivoluzione per il finanziamento “pubblico” dell’intera scuola italiana, paritaria compresa. Sbaglia chi crede che in fondo si possa andare avanti cosìCaro direttore, sottoscrivo immediatamente, sperando di essere il primo di una lunghissima fila, l’appello lanciato da Peppino Zola sulle pagine di Tempi. Ha ragione da vendere. Occorre un cambiamento epocale per le politiche scolastiche nel nostro paese, una rivoluzione copernicana, pena lo sgretolamento progressivo e irreversibile del sistema. Purtroppo, pochi ancora se ne rendono conto, pensando che tutto sommato si possa andare avanti così.
Siamo nel pieno della campagna iscrizioni e, come ormai accade da diversi anni, si levano alti i lamenti perché i nostri ragazzi si iscrivono in gran parte ai licei mentre l’economia ha bisogno di tecnici (il Messaggero: “Uno su due al Liceo e il mercato chiede tecnici”). Impressionante, al riguardo, il titolo odierno di un quotidiano: “Manfredi: servono più studenti dai tecnici e professionali”.
Il neoministro dell’Università – tra l’altro non ancora legittimamente insediato, poiché manca ancora il decreto di legge di “spacchettamento” del ministero – in poche parole illustra, suo malgrado, le ragioni della crisi epocale del nostro sistema di istruzione: una scuola governata centralisticamente da uno Stato che continuamente pontifica sui contenuti educativi e formativi, espressione delle parole d’ordine decise dal governo di turno (a sua volta succube di potentati culturali ed economici internazionali…) e piegata alle necessità dell’economia.
A nessuno viene in mente che, forse, ai nostri giovani non interessa cosa chiedono i mercati, ma desiderano fare innanzitutto una bella esperienza scolastica? Cosa che poi, purtroppo, accade assai di rado, ma questo è conseguenza innanzitutto di quanto appena detto sopra.
POSTILLA: L’ISTRUZIONE È UNO SPASSO
Per questo, desidero aggiungere all’appello sacrosanto di Peppino Zola una piccola postilla: chiediamo a gran voce il costo standard perché ogni famiglia, anche quella più priva di mezzi, possa scegliere la scuola che desidera, ma anche perché la scuola possa tornare ad essere per tutti ciò che può e deve essere: scholè, termine greco (σχολή) che indicava un tempo dedicato allo svago, all’ozio, alle occupazioni piacevoli e a se stessi.
Altro che mercato! Lasciamo finalmente libera la scuola, l’istruzione, l’educazione. Liberiamo le risorse per far sì che l’avventura della conoscenza torni ad essere una esperienza affascinante, e tutto il resto verrà di conseguenza, anche a favore del sistema economico. Piccoli ma significativi esempi in tal senso esistono già, soprattutto tra le scuole paritarie e parentali, ma rischiano di essere stritolati dal sistema attuale.
CAPIRE (E FAR CAPIRE) IL COSTO STANDARD
Una considerazione finale più “tecnica”: l’ipotesi di costo standard anche per il settore dell’istruzione, che è stata ripetutamente portata all’attenzione dell’opinione pubblica e della politica in questi ultimi anni, appare effettivamente la più adatta a disinnescare lo scontro ideologico che spesso blocca all’origine ogni serio tentativo di riformare radicalmente il sistema scolastico italiano. Tuttavia, a monte dell’elaborazione del costo standard, occorre un grande lavoro conoscitivo che purtroppo non è ancora stato avviato, nonostante qualche timida apertura da parte del Miur e delle più alte istituzioni.
La definizione del costo standard (con tutte le complesse variabili legate al tipo di scuola, al grado scolastico, alla collocazione territoriale, alle condizioni dell’alunno, eccetera) deve essere infatti il perno sul quale costruire il sistema di finanziamento “pubblico” dell’intera scuola italiana.
I vantaggi di questa rivoluzione sono evidenti:
la spesa pubblica per l’istruzione passerebbe dalla centralità della offerta alla centralità della domanda;
gli sprechi di risorse pubbliche sarebbero snidati e ridotti;
favorirebbe la consapevolezza che lo scopo reale della scuola è la formazione dei giovani e non l’occupazione di chi vi lavora;
alle famiglie sarebbe garantita una effettiva libertà di scelta;
tutte le scuole si troverebbero ad operare su un piano “paritario” rispetto al tema delle risorse;
lo Stato vedrebbe valorizzati i suoi compiti di regolatore e controllore del sistema (e non innanzitutto di “datore di lavoro”).
COMINCIARE CON UNA SPERIMENTAZIONE?
Al di là delle affermazioni di principio, l’impressione però è che manchi ancora la volontà politica per mettere mano ad una simile riforma, che finirebbe realmente per trasformare il settore, creando scompiglio nei sindacati più corporativi e suscitando una dura opposizione in quelle frange della società civile che affermano ottusamente la supremazia (se non addirittura l’esclusività) della scuola di Stato. Si potrebbe percorrere, per questo, la strada di una sperimentazione “limitata” del sistema, al fine di testarne le positività e di correggerne gli eventuali limiti, prima della messa a regime
In ogni caso è indispensabile continuare la battaglia a livello culturale, perché settori sempre più ampi della società e della politica siano convinti della utilità di una riforma radicale del sistema scolastico italiano. La speranza è che, un po’ alla volta, il baricentro si sposti e diventi finalmente possibile compiere anche nel settore scuola quella rivoluzione copernicana che il costo standard sicuramente favorirebbe. Per questo raccogliamo l’invito di Zola: proviamo tutti insieme a dare una bella spinta!
TEMPI - Marco Lepore 8 gennaio 2020