Il 2 ottobre è la festa dei nonni, vero welfare d’Italia
Un tempo erano soliti godersi i nipoti, senza perdere d’occhio il tempo libero. Da diversi anni invece i nonni sono lo strumento di welfare più efficace di questo Paese, a cui si appoggiano quelle (poche) giovani coppie che decidono di avere un figlio pur attraverso un’epoca contraddistinta dall’instabilità sociale ed economica. Molte famiglie non potrebbero vivere senza almeno uno di loro: per il sostegno pratico nella quotidianità o finanziario, unica alternativa per fare fronte alla distanza che spesso porta i giovani adulti di oggi a vivere lontano dai propri genitori. Ed è a quella che spesso viene definita una seconda coppia di genitori che è dedicata la festa in programma il due ottobre. Nonni e nonne dispensatori di coccole e amore, ma soprattutto elemento d’equilibrio per le famiglie, senza i quali mettere al mondo un figlio non è un’impresa proibitiva, ma senz’altro più ardua.
Dove nasce la festa dei nonni?
La festa dei nonni è un appuntamento civile diffuso in alcune aree del mondo, celebrata in onore della loro figura e dell’influenza sociale degli stessi. La ricorrenza non è festeggiata ovunque nello stesso giorno, anche se nella maggior parte dei Paesi la giornata cade nei mesi di settembre e ottobre, che sono pure quelli in cui gli avi tornano protagonisti nelle vite di figli e nipoti, una volta trascorse le vacanze estive.
La festività viene celebrata dal 1978, quando Marian McQuade, una casalinga della Virginia con quindici figli e quaranta nipoti, divenne promotrice di un’iniziativa priva di precedenti. La festa dei nonni nacque negli Stati Uniti - dove adesso viene celebrata ogni prima domenica di settembre - di Jimmy Carter con un obiettivo: educare le giovani generazioni a mantenere vivo il rapporto coi genitori dei propri genitori. Gran Bretagna, Canada, Francia e Italia si sono poi mosse di conseguenza. L’appuntamento, che oggi in Italia è sancito dalla legge 159 del 2005, vuole essere «un momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società, in generale». Per l’occasione è istituito pure il «Premio nazionale del nonno e della nonna d’Italia», in favore di chi tra loro s’è distinto per azioni meritorie sul piano sociale, giunte all’attenzione di una commissione nominata dai ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Istruzione. Dieci i riconoscimenti che lunedì saranno assegnati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. Per l’occasione sono anche previste, sotto l’egida di Federanziani, iniziative in molte città italiane.
In Italia ci sono 12 milioni di nonni
I nonni non sono soltanto una figura di riferimento affettivo, ma pure figure che affrontano e sorreggono compiti nuovi nella società, agevolati da un vigore che è la conseguenza delle conoscenze accumulate relativamente agli stili di vita e ai passi in avanti compiuti dalla medicina. Accompagnano i nipoti a scuola, li vanno a prendere se i genitori sono ancora a lavoro, sbrigano le faccende di casa loro e dei figli e se rimane del tempo s’occupano pure dalla cena: sono migliaia le famiglie in Italia che non saprebbero come far quadrare i conti a fine mese senza il loro contributo. Senza dimenticare il ruolo educativo che mettono in atto nel contesto famigliare. È una vera e propria missione quella che vivono i dodici milioni di nonni italiani: prevalentemente donne, in una proporzione di 60 a 40. E più della metà ha già superato i 65 anni. Al Sud, soprattutto, le generazioni successive poggiano sulle loro spalle. In media, un nonno su tre si occupa dei nipoti. Ma le percentuali aumentano all’abbassarsi dei livelli di istruzione degli anziani: meno interessi hanno, più sono votati a occuparsi della famiglia. Una situazione positiva sul piano umano, ma che in realtà spesso è pure obbligata dalla contingenza economica. È giusto, allora, che ci si prenda un giorno all’anno per celebrare i nonni. Incanutiti, un po’ zoppicanti, più apprensivi: ma pur sempre essenziali. Vale la pena ribadirlo oggi, per ricordarsi che c’è un anno intero per ricordarsi di loro e aiutarli, quando piuttosto che darci una mano saranno lì col braccio teso a chiedercela.
La Stampa 2 ottobre 2017 - Fabio Di Todaro