FOIBE, una parola che racchiude un immenso fiume di dolore
Ogni anno nei giorni che precedono il Giorno del Ricordo, che l’Italia celebra il 10 di febbraio, mi vengono alla mente i volti dei “testimoni” che ho avuto la fortuna di incontrare e dei quali ho raccolto le testimonianze. Di una in particolare ricorderò per sempre la storia. Era una giovane madre con due figli piccoli il cui marito era arruolato in un reparto dislocato in Puglia che dopo l’8 settembre del ‘43 era stato incorporato nei reparti che gli americani e gli inglesi “usavano” per la logistica. Era rimasta da sola e con l’arrivo delle truppe di Tito era stata come tanti, obbligata a lasciare la sua casa. Mi raccontava che quanto gli successe fu drammatico ed orribile perché al momento della cacciata i militari jugoslavi avevano sparato sui profughi in fuga ed il suo bambino più piccolo, che portava in braccio, era stato ucciso.
È uno dei tanti episodi che i sopravvissuti alla vicenda dell’esodo forzato degli italiani dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia raccontavano Pogrom, sterminio, eliminazione del diverso hanno toccato anche tanti italiani per il solo fatto di essere nati, vissuti, nella penisola istriana e nei territori della Dalmazia ed essere italiani. Diventato tristemente famoso con il nome delle “tombe” dove probabilmente ancora oggi in molti trovano sepoltura, quello delle “Foibe” è uno dei capitoli tragici della storia italiana che non va dimenticato. La scuola in questa opera di riconsiderazione e conoscenza ha un ruolo estremamente importante tenuto conto di quanto anche gli stessi giovani genitori conoscano molto poco.
Dimenticata e nascosta per tanti, troppi anni, quella pagina tragica della storia del nostro paese deve essere conosciuta e servire da monito.
Se i pochi testimoni rimasti del “grande esodo”, degli uccisi nelle foibe, possono ancora parlare raccogliamo il loro monito e facciamolo conoscere ai nostri figli a partire proprio dalla scuola perché il ricordo, anche doloroso, di lutti e tragedie è una condizione necessaria perché le sofferenze del passato non abbiano più a ripetersi.
Roberto Zoppi - Resp. Ufficio Stampa AGeSC Nazionale