«Vogliamo una scuola che sia ancora capace di appassionare i giovani»

Già oltre un secolo fa, il filosofo Vailati denunciava «l’assurdità didattica» di passare ore e ore in classe
«Vogliamo una scuola che sia ancora capace di appassionare i giovani»

Non saprei cosa augurare a Simone per la Pasqua 2024. Simone ha 18 anni e frequenta la quinta liceo scientifico di una scuola cattolica. Anzi ha passato 16 anni di vita nella scuola cattolica, da quando è entrato nella scuola materna gestita dalle suore. Lo hanno eletto rappresentante degli studenti, mi sembra stimato da compagni e da docenti visto che ha il massimo dei voti in tutte le discipline scolastiche. Un anno fa è andato sui giornali perché aveva inventato una piattaforma digitale per chiedere e per offrire aiuto scolastico. Una forma di peer education già vista in santi educatori che hanno fondato scuole cattoliche con i ragazzi della prima ora. Ho conosciuto Simone il 15 giugno 2023. Stavo riportando a Torino alcuni studenti che avevano partecipato ad un campo di formazione per animatori. Mi stupirono le riflessioni sulla scuola appena conclusa. Chiesi a Simone di scrivere le sue considerazioni: «Provo a ripercorrere la mia vita scolastica dall’asilo alle superiori. Cosa mi ricordo? Gli amici, le gite, le relazioni interpersonali, ma di certo non le lezioni. Strano, mi dico, eppure la maggior parte delle ore le passiamo in classe, come mai non vi è una sola ora di didattica che sia rimasta impressa nella mia memoria? Aspetta, qualcosa rammento: discussioni, progetti a gruppi, concorsi scolastici, iniziative studentesche. Cosa accomuna queste attività? La partecipazione dell’alunno, il dinamismo, l’essere protagonisti. Quanto è passiva la scuola invece? …La scuola abbatte così potentemente il singolo che una volta conclusa la giornata non ne vuole più sentire parlare, e si dedica ad attività diametralmente opposte: alla lettura preferisce le attività videoludiche, alla disciplina la dissolutezza, alla staticità il dinamismo estremo, provocando una serie di effetti collaterali quali il calo di interessi personali, la crescita di ansia sociale, la diminuzione del livello di attenzione medio e l’aumento dell’abuso di sostanze stupefacenti. Quando cerco di portare le conversazioni verso temi “culturali” i miei amici rispondono: “Che palle, pure fuori da scuola dobbiamo parlare di roba di scuola?”. La scuola è totalizzante (alcuni miei compagni studiano tutta la notte per paura di un voto negativo); per la scuola si va dallo psicologo; con gli anni diminuisce la voglia di partecipare a progetti scolastici (tanto mi interessano solo i voti). Molti tentativi sono stati promossi dal Ministero dell’istruzione per smuovere la vita della scuola: non più programmi ma linee nazionali, alternanza scuolalavoro, le 33 ore di educazione civica, ma il sistema scuola (le aule, le lavagne, le spiegazioni, le ore e ore di studio a casa per prendere un
voto, le interrogazioni ed i compiti) rimane sostanzialmente invariato, invariabile, intoccato e intoccabile. Si fa il restyling della carrozzeria ma il motore della macchina rimane quello vecchio. Operazioni di facciata. Sento un impellente desiderio di costruire qualcosa di nuovo. Perché? Perché ho la sensazione di vivere uno stallo da sedici anni, ossia incontro professori con menti brillanti soffocate da un modello di scuola diroccato ed eccessivamente burocratico».

Dal 20 al 22 marzo 2024 Firenze ha ospitato Didacta, una fiera dedicata alla innovazione scolastica. 320 appuntamenti per rispondere al desiderio di Simone di resuscitare l’esperienza scolastica. Il ministro Valditara ha commentato l’affermazione di don Bosco l’educazione è cosa di cuore. Guarda caso la maglietta che vestiva Simone a giugno: Education is a matter of the heart.

Ripenso al 1888, quando don Bosco moriva e Giovanni Vailati conseguiva la seconda laurea in matematica a Torino. Vailati, filosofo, matematico e storico scriveva «Uomini colti, insegnanti, studiosi di pedagogia, che respingerebbero con terrore la proposta di impegnarsi, fosse anche solo per una settimana, ad assistere a tre conferenze al giorno, l’una di seguito all’altra, non sembrano vedere l’assurdità didattica, igienica e psicologica di ordinamenti scolastici che costringono i ragazzi a rimanere inchiodati, in media per cinque ore al giorno, durante anni interi, sui banchi della scuola».

Quale è la differenza tra quello che scrive Vailati e quello che scrive Simone? Non vorrei che ci riempissimo la bocca di espressioni retoriche: l’educazione è cosa di cuore oppure Cristo vince la morte e poi consegnassimo Simone ad una esperienza che non è di resurrezione.

Don Alberto Zanini
Salesiano

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte:Avvenire