«Vogliamo testimoniare che, anche dopo Auschwitz, una vita buona è possibile»

Le riflessioni del vicepresidente nazionale Masotti, tra i partecipanti all’evento promosso dal Miur e dall’Ucei
«Vogliamo testimoniare che, anche dopo Auschwitz, una vita buona è possibile»

Sono passati 75 anni da quando i Russi, il 27 gennaio del 1945, scoprirono ad Auschwitz il più grande luogo di sterminio nazista, spalancando le porte di un orrore indescrivibile: sterminio, olocausto, Shoah. Come racconta Claudio Masotti vicepresidente Agesc, quando ci siamo incamminati verso le recinzioni di filo spinato a linee ordinate e sovrapposte passando un cancello con sopra una scritta tortuosa tra due cornici di ferro “Arbeit match frei”, mi ha colpito la“ B” di “Arbeit” saldata al contrario per «protesta del fabbro». Una fabbrica di morte come questa non poteva non avere proprio al suo ingresso una menzogna che non smette di ferire chiunque la legge mentre ne attraversa l’ingresso: “Il lavoro rende liberi”, una menzogna a cui milioni di persone avranno creduto nella speranza che non fosse la fine e non quella fine.

Qui concentravano “i morti in vacanza”. Dapprima i dissidenti polacchi, gli intellettuali e gli oppositori. Poi i prigionieri di guerra per lo più russi. Quindi i criminali comuni tedeschi. Infine tantissimi ebrei e gli zingari. E ancora i cosiddetti asociali, prostitute e omosessuali, deportati e internati nei campi. I malati, i vecchi, i bambini insomma gli inabili erano subito eliminati. Gli altri venivano messi a produrre, le teste rasate e le ossa sempre più in fuori con i pigiami rigati, gli zoccoli e la matricola cucita all’altezza del cuore e un numero tatuato all’interno del braccio. Si avanza lungo il cunicolo detto “la strada del paradiso” per arrivare alle docce e alle camere a gas attaccate ai forni con i camini e le ciminiere e non lontano le fosse dei roghi. Poi si segue tutto il tremendo percorso di quella fabbrica della morte che gli aguzzini chiamavano “svelta e dolce” con cui annientarono come in una catena e solo lì un milione e mezzo di uomini, donne e bambini. E le betulle dalla corteccia bianca - caratteristica del paesaggio - sono ancora lì, che ricordano, il nero dove la fabbrica della morte per alcuni anni ha vinto sulla vita.

Il Viaggio della memoria di quest’anno comincia a Cracovia nella piazza degli eroi del ghetto. Nella piazza ci sono 70 sedie in metallo, di grandi dimensioni. Questo era il luogo dove venivano radunati gli ebrei per la deportazione al campo di concentramento. Qualcuno dice che ogni sedia è il ricordo di 1000 ebrei strappati dal getto per il viaggio della morte. 250 tra studenti, genitori ed educatori hanno ripercorso quelle tappe terribili proprio in questi giorni perché nel loro cuore c’è il desiderio di non dimenticare quanto accaduto circa 70 anni fa. Ma per non dimenticare spesso serve fare esperienza e quindi andare proprio là dove «è stato fatto così tanto male».

Claudio Chieffo racconta come solo un cantautore sa fare il dramma di quanto è accaduto. “La nuova Auschwitz” con quel suo motivetto quasi allegro ci ricorda che «non è morto il male nel mondo e noi tutti lo possiamo fare». Proprio questo è il sentimento che mi prende in modo più particolare di altri. Più della rabbia per la grande ingiustizia, più del male, del male assoluto che ci circonda e che ogni cosa che vediamo ne è simbolo e ne rende testimonianza con la sua presenza fredda e silenziosa. Ma qui tutto parla, anche il freddo pungente, che molti dicono essere meno di altri anni. Ma di certo meno di quello patito dai deportati che poco più che nudi sono stati costretti a patire in attesa di morire. Ma anche oggi noi immersi in questo freddo pungente e nel silenzio delle cose che ci circondano, facciamo memoria di quanto accaduto. Desideriamo rendere testimonianza alla verità, per lo meno alla verità storica che ci è di fronte. Come genitori siamo testimoni verso i nostri figli della possibilità concreta che la vita, ed una vita buona, sono possibili. Siamo andati ad Auschwitz con il desiderio di rendere ancora più presente in noi la testimonianza che una vita di bene, che nasce dal nostro battesimo è ancora possibile oggi. Vogliamo testimoniare che il mistero della vita è la certezza che vince sulla morte e rende possibile la risposta al fatto che «non è morto il male nel mondo e noi tutti lo possiamo fare». «Auschwitz è fuori di noi ma è intorno a noi. È nell’aria. La peste si è spenta ma l’infezione serpeggia. Se comprendere è impossibile conoscere è necessario».

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