«Usiamo il tempo della “quarantena” per fare del bene, studiare e pensare»

I genitori delle scuole cattoliche: «Condividere l’esperienza con i ragazzi e i bambini che adesso non possono andare a scuola»
«Usiamo il tempo della “quarantena” per fare del bene, studiare e pensare»

Scuole chiuse da oramai due settimane in tre regioni (ed ora anche nel resto d’Italia) e i bimbi spesso sono costretti a restare con i nonni che sovente raccontano quello che successe nel 1969, un anno e mezzo dopo l’inizio dell’epidemia di influenza che ebbe come focolaio Hong Kong: si trattava del virus H3N2 che cominciò a diffondersi, appunto, nel luglio del 1968 toccando diversi Paesi del mondo.

Fu una pandemia che mise a letto 13 milioni di italiani mentre circa 5mila furono i morti. Sono passati 50 anni e la storia, in qualche modo, sembra ripetersi. I cinegiornali di allora ci raccontano di strade, fabbriche, uffici e mercati mezzi vuoti mentre a riempirsi furono solo gli ospedali. Allora le cronache lamentavano il fatto che il vaccino non era arrivato in tempo per scongiurare l’epidemia. Oggi purtroppo il vaccino per sconfiggere il coronavirus ancora non esiste e ci sentiamo più vulnerabili di allora, di fronte a qualcosa che non conosciamo.

Ma non è forse proprio questa la nostra prima reazione di fronte a ciò che non abbiamo previsto? A tutto quello a cui non siamo stati per tempo informati e per il quale non abbiamo preso tutte le misure del caso? È la logica dell’hic et nunc, “qui ed ora”. Perché tutto deve rispondere alla logica del “già pianificato”. Non c’è spazio per l’imprevisto e per tutto ciò per il quale non siamo pronti. Perché “se non sono pronto non può accadere”. Papa Francesco nel suo saluto in chiusura del Convegno mondiale per l’educazione cattolica tenutosi a New York nel giugno 2019, ci ricordava, come uno dei rischi di questo tempo è proprio la “rapidification” che imprigiona l’esistenza nel vortice della velocità, cambiando continuamente i punti di riferimento. Stiamo davvero vivendo nel villaggio globale e ciò che accade in Cina non arriva più da noi dopo 18 mesi ma in poche settimane, addirittura in pochi giorni.

A squarciare il velo della diffidenza che in questi giorni ha assalito i cittadini lombardi è arrivata, per chi vi scrive totalmente inaspettata, la risposta a quello che sta accadendo. Domenica mattina, la prima di Quaresima, dalla cripta del Duomo di Milano l’arcivescovo Mario Delpini terminava l’omelia della Santa Messa con queste parole. «Ecco il momento favorevole per essere uniti nella lotta contro il male. L’allarme dei medici, le decisioni delle autorità, le pressioni mediatiche si sono rivelate di straordinaria efficacia nel lottare per contenere la diffusione del virus. E se noi fossimo tutti uniti, con tutte le forze della scienza, della amministrazione pubblica, della pressione mediatica per combattere la diffusione di ciò che rovina la vita di troppa gente? Se noi fossimo così uniti nel contrastare le dipendenze, la diffusione della droga, dell’alcol, del bullismo forse cambieremmo il volto della società. Ecco il momento favorevole per diventare saggi ed evitare lo sperpero. Se abbiamo tempo perché sono interrotte o ridotte le attività ordinarie, possiamo evitare lo sperpero: possiamo usare il tempo per fare del bene, per pregare, per studiare, pensare, dare una mano. Se abbiamo parole, invece di parlare dell’unico argomento imposto in questo momento, possiamo usarle per dire parole buone, per dire parole intelligenti, sagge, costruttive». Facciamo nostra questa esortazione così preziosa e puntuale. Ecco il momento favorevole per condividere questo con i nostri bambini e ragazzi che non possono andare a scuola. Questa parola così inopportuna come dice monsignor Delpini è la risposta. «Una parola inopportuna mette a disagio, sembra venire da chi non comprende la situazione. E la parola inopportuna è quella di Paolo: ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!».

Allontaniamo questa paura come ci esorta a fare anche il responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Modena-Nonantola, don Stefano Violi, che ha come effetto quello di abbassare le difese immunitarie. «La paura ha bussato alla porta la fede è andata ad aprire e non ha trovato nessuno» (Martin Luther King).

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