«Ricordare in tutte le scuole perché la banalità del male non prevalga»
Le lezioni della storia devono servire da monito affinché l’orrore non si ripeta e il futuro di tutti sia meno cupoNel 1963 Hannah Arendt, filosofa e politologa di origine ebraica, scrisse un saggio dal titolo Resoconto sulla banalità del male; Eichmann a Gerusalemme.
In questo libro, prendendo spunto dal processo per genocidio a Adolf Eichmann, il gerarca nazista catturato dagli Israeliani nel 1960 e condannato a morte nel 1962, la Arendt argomenta sul fatto che il male perpetrato da Eichmann, come dalla maggior parte dei tedeschi che si resero corresponsabili dell’Olocausto, fosse dovuto non ad un’indole maligna radicata nell’anima dello stesso, ma piuttosto ad una completa inconsapevolezza del significato delle proprie azioni.
La tesi della Arendt è interessante ed inquietante al tempo stesso. Sicuramente ci pone davanti alla domanda se qualsiasi persona umana, in determinate circostanze e sotto certe influenze o condizionamenti, possa essere capace di fare così tanto male senza neanche magari rendersi conto pienamente della gravità e delle conseguenze dello stesso. Un concetto universale, quindi, che può essere applicato a tutte le azioni malvagie?
La risposta sta nella “memoria” che ci può aiutare a capire quanto sia subdola questa banalità che quasi ci inganna mascherandosi talvolta in una diabolica quotidianità.
La memoria si coltiva e si nutre a scuola, tra i banchi dove siedono i nostri figli.
Come genitori Agesc riteniamo che sia fondamentale passare loro questo pezzo di storia, perché ne comprendano tutta l’agghiacciante “normalità”. La macabra routine giornaliera dei campi di sterminio nazisti aveva infatti nel motto, scritto in alto sul cancello di entrata del campo, il suo emblema: Arbeit macht frei - Il lavoro rende liberi.
Qualche anno fa i giornali riportarono la vicenda del proprietario di una officina a Rimini il quale aveva affisso, all’entrata della stessa, un cartello con su scritte proprio quelle quattro parole: Il lavoro rende liberi.
Interrogato dai giornalisti sulla vicenda aveva risposto, in modo disarmante, che egli era nato nel 1979 e che del significato storico di quelle parole non sapeva niente, e nemmeno che fossero state “scolpite” da un popolo per condannarne a morte un altro. «Sono nato nel 1979…», disse.
Ecco, in questa affermazione crediamo si condensi tutto il rischio che stiamo correndo mano a mano che il tempo passa; …sono nato tanto tempo dopo, non so, nessuno mi ha mai veramente parlato di questa cosa…forse chissà vagamente a scuola …ma chi se lo ricorda ormai?
Guai se ci rendessimo complici di questo oblio! Arendt forse direbbe che anche l’oblio è banale, tutto sommato è normale dimenticare.
E invece no! Ci sono avvenimenti che non possono e non devono essere dimenticati, ne va della nostra Libertà, quella vera con la lettera maiuscola, per la quale tanti prima di noi hanno lottato, pagando anche con il sacrificio della loro vita. Agire diversamente significherebbe condannare le nuove generazioni alla “banalità dell’oblio”. Ecco perché attorno alla data del 27 gennaio vorremmo che nelle nostre scuole, dappertutto e per tutto il giorno, risuonassero voci e testimonianze di cosa furono quegli anni terribili ma più che altro che cosa rappresentano oggi per noi.
I giovani hanno diritto di sapere e noi il dovere di non stancarci mai di trasmettere la memoria di quell’orrore affinché non si ripeta.
Basterebbe ricordare agli studenti che nell’ottobre del 1938 - la scuola allora iniziava in questo mese - a seguito delle leggi razziali - anche in Italia ci furono bambini ebrei che non poterono fare ritorno in classe e furono costretti a lasciare vuoti i loro banchi.
Sarebbe inoltre importante ricordare ai nostri ragazzi la centralità della nostra Costituzione democratica ed in particolare l’articolo 3 dove vengono fermamente bandite tutte le discriminazioni basate su sesso, razza, lingua e religione.
Ricordare per non far morire due volte i molti innocenti uccisi; per il nostro ed il futuro dei nostri figli, nonostante le nubi nere che sono tornare a muoversi sulla nostra Europa o forse proprio per queste. Ricordare, perché la banalità del male non prevalga.
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Fonte:Avvenire