«Riconoscere la parità scolastica (effettiva) è la vera sfida della politica»
“APPUNTI” AL GOVERNOAgli inizi di novembre, come accade ogni anno, la Fondazione Agnelli ha pubblicato i dati relativi alle migliori scuole secondarie di secondo grado nei vari capoluoghi di provincia e, come ogni anno, molti istituti paritari hanno ottenuto per così dire la palma d’oro ossia sono risultati vincenti su quelli statali. A questo proposito vale la pena nominare, in particolare, gli istituti tecnici (Iti) fiori all’occhiello di tante scuole paritarie specialmente salesiane.
Questi ultimi rivestono un’importanza fondamentale perché costituiscono il naturale trampolino di lancio verso gli Istituti tecnici superiori (Its) di cui oggi si parla molto. Come sappiamo i nostri studenti non eccellono in abilità tecniche in particolare nei cosiddetti Stem subjects, un acronimo inglese che sta per Science technology engineering and maths.
Il nostro sistema di istruzione infatti è ancora concentrato nelle preparazione di profili professionali non più coerenti con le richieste che arrivano dal mercato del lavoro generando il fenomeno del cosiddetto mismatch, cioè un disequilibrio fra domanda ed offerta. Secondo un recente studio il 40% circa delle imprese di meccatronica, energia, grafica e chimica non riesce a trovare le risorse occorrenti.
Proprio per questo gli Istituti tecnici superiori rivestono un’importanza fondamentale. Si tratta di percorsi biennali post diploma, di alta specializzazione, interamente gratuiti in quanto finanziati con risorse del Fondo sociale europeo. Il diploma che si consegue è riconosciuto a livello nazionale ed europeo e consente sia il proseguimento negli studi universitari che l’accesso al mondo del lavoro. Fondamentale corollario a tutto ciò diventa perciò l’orientamento che la scuola offre ai propri studenti nella secondaria di primo grado.
Le nostre scuole paritarie, che da sempre mettono lo studente al centro, offrono un servizio di alta qualità perché non si limitano a fornire sporadici ed occasionali incontri di orientamento con genitori ed allievi nell’ultimo anno delle secondarie di secondo grado ma, fin dalla scuola primaria, offrono iniziative e buone pratiche per orientare naturalmente lo studente assecondandone le proprie innate attitudini. È per questo che ogni volta che, aprendo il giornale o ascoltando la tv, mi trovo davanti notizie come quelle relative all’indagine della Fondazione Agnelli, non posso fare a meno di chiedermi come mai allora c’è ancora così tanta resistenza a riconoscere le scuole paritarie come facenti parte a tutti gli effetti del nostro sistema nazionale di istruzione. Perché è così difficile ottenere la libertà di scelta in Italia?
Chi è al governo dovrebbe sentire forte la responsabilità di intraprendere un complesso cammino di riforme che possano garantire al nostro Paese una prospettiva di sviluppo. Scuola ed istruzione rappresentano una delle sfide più difficili e nello stesso tempo più affascinanti per la politica. In questo ambito, la questione del rapporto fra scuole pubbliche statali e paritarie, nonostante trovi nella Costituzione e nella legislazione vigente chiare linee di interpretazione sul ruolo dello Stato, è divenuta oggetto negli ultimi anni di un dibattito più ideologico che culturale.
Fino a che la situazione non cambierà Agesc avrà ancora tanto da dire e da fare. È infatti assolutamente necessario superare queste barriere ideologiche ed arrivare anche da noi ad una piena attuazione di questo importante diritto costituzionale. Quando si parla di libertà di scelta educativa si intende alludere alla libertà che ciascun cittadino deve poter esercitare in uno Stato libero e democratico in termini di istruzione. La Costituzione italiana e le leggi che ad essa si sono ispirate sul punto, (soprattutto la legge 62/2000), riconoscono infatti questo principio. Il miglioramento della società passa sicuramente attraverso quello della scuola. Ne sono veramente convinti i nostri governanti? A vedere cosa sta succedendo anche con il Pnrr qualche dubbio persiste. Vi ricordate cosa diceva Don Milani sulla scuola? Usava un verbo inglese «I care», che significa «A me interessa!». Tuttavia in questo caso verrebbe da dire «Who cares ?»…«A chi interessa?».
Gianna Pierini Indelicato
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Fonte:Avvenire