Oltre il “merito” c’è una scuola dove tutti possano raggiungere l’eccellenza
«È necessario coltivare le capacità di chi è stato più fortunato nei talenti ma anche quelle di chi fa più fatica»Il rapporto sull’educazione dell’Unesco evidenzia la necessità di lavorare impegnandosi per raggiungere gli obiettivi di qualità uguaglianza e inclusività. Come si concilia questo enunciato con la situazione in Italia , dove, a quanto pare, da anni abbiamo puntato al ribasso, riservando alla scuola sempre meno risorse ed attenzioni, con interventi che hanno nel corso del tempo via via svilito l’insegnamento e l’aspetto educativo, arrivando a situazioni di ragazzi con livelli di competenza non sufficienti, con un sistema d’insegnamento poco efficace dove chi è fragile e svantaggiato rimane tale e l’ascensore sociale è fermo da anni? Non vorremmo avventurarci in un ginepraio, ma l’attualissimo dibattito sulla questione del “merito” e della “meritocrazia” stimola molto la nostra riflessione di genitori e ci offre una nuova occasione per ribadire quella “visione” di scuola accogliente e attenta a ciascuna persona che ci appartiene come Associazione.
Chi ha qualche anno sulle spalle ricorderà certamente come la questione di “premiare i meritevoli” sia una di quelle questioni di cui si parla da molto tempo ed una anche tra le più spinose in grado di rimarcare divisioni.
A dire il vero come genitori abbiamo una certa familiarità, non solo con il termine, ma in modo particolare con quello che c’è dietro e dentro la questione. Chi non ha mai detto al proprio figlio: « Bravo, te lo sei meritato »? Nel non semplice compito di padri e madri abbiamo, per così dire, “ereditato” e mutuato quell’atteggiamento che tende a spronare i nostri ragazzi a meritarsi le cose, a guadagnarsele con l’impegno e la fatica anche fisica, in famiglia e soprattutto a scuola. È nella scuola che troviamo quell’ambito educativo, dove la persona vorremmo fosse sempre considerata il soggetto più importante e proprio per questo sostenuta e gratificata per quello che è in grado di dare e per l’impegno profuso utilizzando al meglio le proprie capacità. È in questa prospettiva che il merito acquista allora un valore per tutta la comunità e non solo per la singola persona. C’è un’immagine che ben rappresenta quello che il sistema scuola dovrebbe sempre tenere presente ed è quella di un coro. Avete presente Sister Act? Il “brutto anatroccolo” che accettato, valorizzato per quello che può dare diventa una voce paradisiaca? Ma il bello è che tutto il gruppo ne trae beneficio, ogni singolo è incentivato e motivato a dare il suo massimo ed è qui che un gruppo di cantanti diventa un coro. Non solo “solisti”. Utopico? Noi siamo certi del contrario.
Certo siamo convinti che su questo dobbiamo riflettere molto anche noi genitori che talvolta siamo un po’ presi da questo meccanismo perverso che ci porta a pensare, e di conseguenza ad agire, in un’ottica in cui il risultato, il voto, dice il valore di una persona. Spingendo sull’acceleratore del riconoscimento della meritocrazia, come soluzione dei mali italiani, potremmo esporci ad un grande rischio quello di intossicare le relazioni e distruggere il tessuto comunitario su cui si regge l’intero edificio sociale e valoriale. Ecco perché dovremmo, ciascuno per il proprio ruolo e le proprie responsabilità, lavorare per una scuola che abbia al suo orizzonte una formazione che sappia veramente riconoscere e valorizzare il merito e per questo ancora più attenta alle fragilità e sensibilità dei ragazzi e all’inclusione di tutti; una scuola che non lascia indietro nessuno e nello stesso tempo sa curare e far crescere, valorizzandoli, tutti “gli strumenti” di una orchestra che oggi si chiama classe e domani diventerà società civile. Coltivare le capacità di chi è stato più fortunato nei talenti che possiede e quelle di chi invece fa più fatica a raggiungere i livelli richiesti, è la sfida su cui da sempre si gioca la qualità della scuola e di conseguenza della società civile di una nazione. Merito dunque ma anche cura delle persone, di ogni persona, perché ciascuno possa raggiungere la propria “eccellenza”. Solo così la scuola può tornare ad essere quell’ascensore sociale che aiuta a crescere.
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Fonte:Avvenire