«Noi, docenti innamorati del nostro lavoro, sull’esempio di don Milani»
La riflessione di una professoressa, socia Agesc, in occasione della “Giornata mondiale dell’insegnante”«Fate scuola, fate scuola sempre, come vi suggerirà l’ambiente e l’epoca in cui vivrete». Questo è il testamento pedagogico di don Milani che come insegnante mi sembra di grande attualità. L’insegnamento, inteso come scuola di vita e non meramente nozionistico, ha bisogno di essere declinato in modi diversi, a seconda dei cambiamenti a cui la società va incontro e che, mano a mano, fa propri. Tuttavia bisogna stare attenti a non leggere tutto ciò in modo troppo semplicistico e quindi a non ridurre il grande insegnamento di don Milani ad una sorte di adeguamento dei mezzi attraverso i quali si può insegnare.
Questi infatti, in quanto strumenti appunto, sono funzionali ad insegnanti ed allievi ma non risolvono certo la questione. Non è con una lavagna digitale o un tablet in più che si accoglie la grande eredità di don Milani. Non illudiamoci di poterlo fare o, forse sarebbe meglio dire, continuare a farlo.
Si ha infatti proprio l’impressione che l’accento maggiore sui temi della scuola venga messo oggi sulla necessità di dotare le nostre classi di nuove strutture (per lo più tecnologiche) che, a sentire i propugnatori di questa tesi, renderebbero di colpo tutto più bello, efficace e fruibile per i nostri ragazzi.
Sicuramente i fondi del Pnrr verranno spesi proprio per questo: ammodernare le nostre scuole e renderle più tecnologiche. Non voglio qui insinuare che le nostre scuole non abbiamo bisogno di essere ristrutturate, ripensate negli spazi, messe in sicurezza. Tuttavia, pensare che tutto ciò possa essere la panacea dei problemi della scuola credo sia, francamente, ingenuo e anche fuorviante. La scuola è l’ambiente educativo per eccellenza dove i protagonisti, alunni, insegnanti e famiglie, sono chiamati tutti a fare la loro parte. Nessuno è esente da impegno, sacrificio, senso del dovere e assunzione di responsabilità.
Queste caratteristiche, imprescindibili per una buona scuola, devono essere incarnate da questi tre attori nello stesso modo e contemporaneamente. Se anche uno solo non si impegna tutto il sistema ne risente e non c’è computer o aula digitale che tenga. È per questo che, come associazione, Agesc è da sempre impegnata su questo fronte.
La domanda sorge spontanea: sarà sufficiente la tecnologia per superare l’enorme gap conoscitivo dei nostri studenti che l’Ocse ogni anno ci pone davanti con delle classifiche impietose che dicono come il 50 per cento dei maturandi non raggiunga le minime competenze in italiano, matematica e inglese? Ci piacerebbe affermare il contrario ma probabilmente la risposta è no!
Prima di acquisire competenze digitali, estremamente importanti oggi, è necessario saper far di conto (come dicevano i nostri nonni) cioè avere una preparazione “ampia”. Don Milani lo sapeva bene tanto da arrivare fino al punto di abolire gli intervalli per evitare qualsiasi tipo di distrazione nella sua scuola di Barbiana.
Credo sia importante allora farci un esame di coscienza e pensare come anche noi insegnanti possiamo sfruttare meglio il tempo che abbiamo a disposizione con i nostri ragazzi. Il tempo in cui viviamo ci dice chiaramente che i nostri studenti saranno anche abili manovratori di strumenti digitali ma sono carenti nelle fondamenta del sapere. Tanti laboratori e attività che facciamo, tutti assolutamente validi per carità, dovrebbero però essere sostituiti da laboratori di lettura e scrittura, matematica e lingue.
Don Milani leggeva interi brani dei classici ai suoi piccoli allievi contadini, dai Promessi Sposi all’Odissea, che rimanevano catturati da quel prete. Ogni giorno, in ogni momento egli era in mezzo a loro facendosi strumento di carne per il loro apprendimento. Come un pastore con le pecore. L’auspicio allora è che tutti noi insegnanti si riesca a scendere dalle nostre cattedre per sentire l’odore delle nostre pecore, per non stancarci di fare scuola anche oggi e sempre.
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Fonte:Avvenire