ll voto a tutte le donne, una conquista di civiltà per cui serve lottare ancora

I 75 anni del suffragio femminile in Italia
ll voto a tutte le donne, una conquista di civiltà per cui serve lottare ancora

Il 1° febbraio 1945, mentre ancora era in corso la guerra, il governo italiano decideva di aprire i seggi anche all’elettorato femminile: un riconoscimento di piena cittadinanza dovuto ma raggiunto dopo lungo e contrastato cammino

Chi può dimenticare la figura di Mrs Banks, la moglie di Mr Banks, che all’inizio del film 'Mary Poppins' rientra incitando le sue governanti alla ribellione e cantando gli slogan delle manifestazioni femministe? «Veri soldati in gonnella siam/ del voto alle donne gli alfieri siam» canta Mrs Banks, parlando del movimento che diede forza alla lotta per il voto, quello delle Suffragette inglesi: siamo nel 1832 e in Gran Bretagna venne concesso il diritto di voto, anche se solo nelle elezioni locali. Solo nel luglio 1928 il suffragio fu esteso a tutte le donne inglesi.

Pochi giorni fa, esattamente il 1° febbraio, abbiamo ricordato in tutto il nostro Paese una ricorrenza molto particolare: 75 anni dal suffragio femminile in Italia. Tanto è passato da quando lo Stato italiano ha concesso per la prima volta alle donne di votare alle elezioni. La strada per il riconoscimento è stata lunga e piena di ostacoli . La proposta di estensione del voto alle donne fu avanzata da due grandi politici, Palmiro Togliatti del Partito Comunista e Alcide De Gasperi della Democrazia Cristiana.

Anche le “donne dell’Agesc” si sono chieste: quali possono essere state le motivazioni di una tale discriminazione di genere? Rileggendo scritti dell’epoca appaiono le motivazioni più svariate e fantasiose ma la principale è senz’altro quella che le donne erano ritenute «emotivamente instabili e troppo sentimentali». Ora queste motivazioni ci fanno sorridere e le riteniamo ridicole, se non offensive.

Le donne italiane hanno conquistato questo diritto importantissimo proprio al termine della Seconda guerra mondiale vedendosi riconosciuto un ruolo importante durante il conflitto. Molte donne, forse meno note ma non meno importanti, si sono impegnate nella resistenza civile: offrendo sostegno tra le famiglie e con le famiglie, nascondendo ebrei e oppositori, e svolgendo ruoli di mediazione per ottenere il rilascio di prigionieri politici.

Donne poi che nel 1943 e nel 1944 si organizzano e danno vita a grandi realtà associative come l’Unione delle donne italiane e il Centro italiano femminile, associazioni tuttora attive e presenti nella società civile e politica del nostro Paese per dare voce anche a quelle donne che una voce non ce l’hanno. Ognuno di noi costruisce la Storia, donna o uomo che sia, nella società civile e nella Chiesa. Tante le tappe di un cammino non ancora concluso.

Ricordiamo Tina Anselmi, la prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica, nominata nel luglio 1976 titolare del dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale. E come non ricordare Marisa Bellisario, prima donna alla guida di un’azienda pubblica, che a seguito delle sue scelte coraggiose e lungimiranti nel 1986 ottiene il premio di Manager dell’anno?

Un voto quindi, quello delle donne, quasi come riconoscimento civico per una piena cittadinanza perché – come ha scritto la presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia – «oggi come sempre è sulla capacità di un pensiero libero e critico del cittadino, in ogni campo del sapere e del fare a cui ciascuno è chiamato, che si gioca la partita della democrazia». La battaglia per il diritto al voto non è terminata e ci sono ancora Paesi che nel 2020 negano alle donne questo diritto umano universale, e questo ci deve far riflettere sull’intersezionalità di alcune tematiche (come in questo caso classe e genere) e reagire ogni volta che, ancora oggi, una battaglia per l’emancipazione delle donne viene sminuita e ridicolizzata.

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