La “vera” Festa del lavoro è rimettere al centro la dignità della persona

Anche nell’era dell’Intelligenza artificiale e degli algoritmi, è l’uomo che determina la storia
La “vera” Festa del lavoro è rimettere al centro la dignità della persona

C’è una riflessione che si impone a qualche giorno dal 1° maggio, festa del lavoro e dei lavoratori. Che lavoro festeggiamo oggi? Che “lavoro” si svolge tra le mura di una scuola, sui banchi di una scuola, dentro il sistema formativo ed educativo? Che “lavoro” è? Perché oggi è indispensabile interrogarci, prepararci, essere insomma consapevoli che tutto è cambiato e tutto cambierà ancora di più in particolare il lavoro.

La responsabilità è di quella che oggi chiamiamo Intelligenza Artificiale. A nostro avviso non è corretto parlare di “rivoluzione” perché la rivoluzione c’è già stata, piuttosto si tratta di una “evoluzione” continua ed estremamente veloce che ci coinvolge e ci cambia sempre di più soprattutto visti i numeri e la gamma degli utenti che oggi si rivolgono a piattaforme di Intelligenza Artificiale piazzate sul web proprio per catturare “clienti” più o meno consapevoli. Consapevolezza, dunque, è la parola d’ordine perché tutto quello che ci succede, che capita ai nostri figli quando ci facciamo prendere dalle straordinarie possibilità della tecnologia è cercato, voluto, accettato, ma sempre più spesso con scarsa consapevolezza.

Se cambia il lavoro figurarsi l’apprendimento di quelle conoscenze e saperi indispensabili poi a portarlo avanti un lavoro, una professione. Cosa può fare la scuola? Molto, moltissimo, ma bisogna prepararsi, formarsi e formare chi di questi strumenti a sua volta sarà il “gestore” o l’intermediario. E qui veniamo all’aspetto che più ci interessa come genitori e come associazione di genitori di studenti di scuole paritarie cattoliche: se esiste un’etica del lavoro, di ogni lavoro così come esiste una dignità per ogni lavoro, esiste anche un’etica del web… addirittura un’etica degli algoritmi.

In occasione dell’Udienza ai partecipanti al Convegno Promoting Digital Child Dignity - From concept to action, “promuovere la dignità digitale del bambino - dall’idea all’azione”, papa Francesco nel già lontano 2019 affermava che ingegneri informatici e teologi devono «impegnarsi in uno sviluppo etico degli algoritmi, farsi promotori di un nuovo campo dell’etica per il nostro tempo: l’“algor-etica”».

Parlare dell’etica dell’algoritmo significa rendersi innanzitutto conto che gli algoritmi stanno sempre più prendendo decisioni per l’uomo, sull’uomo e con l’uomo e questo deve portarci a superare una concezione puramente strumentale della tecnica. In questo senso, e non ci voleva molto ad accorgersene, gli “algoritmi” suscitano bisogni ed anche desideri, determinano una gerarchia di valori, modificano la comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda.

Infatti, se ci pensiamo bene, questi aggregati di indicazioni alfanumeriche non sono entità moralmente neutre, ma, in quanto espressione di un’intelligenza umana e di una specifica “intenzione operativa”, orientano, persino, potremmo dire, condizionano il comportamento umano, determinandone atteggiamenti, posizioni, scelte.

Gli studiosi ed esperti sono arrivati per questo a coniare un nuovo termine per definire questo nuovo soggetto, che nasce dalla stretta collaborazione tra l’umano e l’algoritmo informatico: l’homo algorithmus.

Sembra fantascienza, ma è realtà ed è il presente. E quindi dobbiamo pensare che è proprio sui banchi scuola, attraverso le aule che passa la frontiera di un futuro imminente, sulla quale si gioca il destino della nostra umanità.

Allora celebrare la Festa del Lavoro oggi vuol dire non dimenticare il valore della dimensione personale e soggettiva nella quale si radicano i valori di una coscienza critica eticamente matura e responsabile. Non basteranno alle professioni del futuro le certezze fondate su ciò che è tecnicamente possibile ed economicamente conveniente. Il cuore dell’uomo che non si lascia muovere dagli invisibili, ma forti, fili dell’elettronica ha un’urgenza ineludibile di verità, di bene e di giustizia: valori che non possono trovare sede nei gelidi, meccanici automatismi di un’intelligenza che artificiale non è, ma è solo la sublimazione tecnologica di una inquietante aspirazione di dominio.

Celebrare oggi il lavoro significa quindi anche affermarne il valore come principio e fondamento di autonomia e libertà, cardine imprescindibile di un sistema sociale che pone la dignità della persona al centro delle sue strategie e delle sue aspirazioni.

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Fonte:Avvenire