La marcia delle donne verso la piena parità passa (anche) dalla scuola
Per celebrare adeguatamente la Giornata Internazionale della Donna è necessario partire dai dati. I dati bruti vanno sempre interpretati, certo. Ma senza riferimento al dato ogni riflessione rischia di risultare frutto di schemi mentali predefiniti, e Dio solo sa quanto sia necessario, specie quando si parla di donne, uscire da forme banali e semplicistiche di riflessione. Ebbene il dato iniziale riguarda l’Italia e ci viene proposto dal Primo Presidente della Corte di Cassazione nel suo intervento in apertura dell’Anno Giudiziario 2022. Questi i termini: «Tra le vittime dei 295 omicidi del 2021, 118 sono donne, di cui 102 assassinate in ambito familiare/affettivo ed in particolare 70 per mano del partner o ex partner». Un vero e proprio massacro, in non pochi casi persino giustificato dagli autori come conseguenza di un amore che non si rassegna e perdere il proprio “oggetto” del desiderio. Prima riflessione: è necessario liberare la donna e l’uomo dall'idea che l’amore sia possesso, proprietà, dominio. Da un lato l’educazione e la scuola possono esserci di grande aiuto, dall'altro però è necessario una grande maturazione di tutte le componenti della società. Domandiamoci quale modello di relazione fra uomo e donna soggiace implicitamente in tante forme di comunicazione, pubblicitaria, artistica, perfino di intrattenimento radiofonico e televisivo. Veniamo al secondo dato, che riguarda l’Europa. Non è fatto di numeri ma di immagini. Non riguarda solo la guerra folle combattuta in Ucraina, ma anche quella guerra improvvisamente dimenticata che da due anni abbiamo combattuto contro il Covid. Ebbene, cosa possiamo dire di tutte quelle donne che con straordinario coraggio hanno sostenuto impegni formidabili insieme a uomini eccezionali, durante la pandemia? Che dire poi delle donne in lacrime che con i bambini e i vecchi fuggono da un conflitto generato da uomini che hanno perso la ragione e stanno riportando l’Europa indietro di un secolo? Che dire ancora delle donne che nelle città della Russia hanno sfidato la polizia e si sono fatte picchiare per affermare i valori della pace e della vita su quelli dell’odio e della guerra? Quelle donne sono una voce di Vita e di Resistenza di fronte al dolore, alla morte al male. In condizioni diverse hanno dato e stanno dando un esempio straordinario e possono incoraggiare a sperare tutte coloro che soffrono e vivono nella paura di essere se stesse. Il terzo dato riguarda una realtà lontana, ma storicamente significativa in una prospettiva di riscatto della donna. È la condizione delle donne Afghane sulla cui vita è scesa la notte. Donne che nel rispetto della loro fede avevano conciliato con intelligenza le legittime aspirazioni della persona nello sport, nella cultura, nelle professioni con i principi della loro etica. Portavano il velo ma giocavano a calcio, insegnavano, facevano politica ed erano socialmente attive. Sono donne che ancora resistono, perché vogliono che la cultura, la creatività, la libertà siano valori della persona, non solo di una parte, quella maschile, dell’umanità. E ora chiudiamo con l’indicazione più dura da digerire, ma nitida e inquietante nella sua drammaticità. Un’indagine internazionale condotta dal World Economic Forum ha posto in evidenza che «la piena parità di genere potrebbe essere raggiunta in 136 anni, ben 36 anni in più rispetto al periodo pre-pandemia». L’indicazione è chiara. La parità costerà fatica e fantasia, progettualità e impegni economici, politici, strutturali. Ebbene, noi che crediamo nell'educazione non possiamo non puntare sulla scuola, su un impegno che, senza clamori, senza polveroni e polemiche inutili, a poco a poco ci aiuti ad acquisire una nuova dimensione culturale. Liberarsi dagli schemi allora significherà non solo sbarazzarci da quelli che hanno strutturato inveterate condizioni di inferiorità sociale della donna, ma anche di tutti quelli che ignorano le specificità di genere, sulle quali dobbiamo riflettere, ancora una volta senza pregiudizi e schematismi.
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Fonte:Avvenire