«La crisi demografica si batte con una nuova alleanza tra generazioni»
La sfida del futuro oltre la pandemia è coinvolgere famiglia, scuola e società, alimentando il “noi” rispetto all’“io”Due importanti avvenimenti, che ci riguardano e ci toccano da vicino, hanno caratterizzato lo scorso fine settimana: la Conferenza sulla Famiglia e la presentazione del 55° rapporto Censis sullo stato di salute della società italiana. Due appuntamenti che hanno, in maniera diversa, puntato i riflettori sulla “famiglia”, sulla situazione delle nostre famiglie italiane, sui bisogni, sulle fatiche e difficoltà che attraversano. Sulla riflessione e le proposte venute da questi eventi pesa certamente, come un macigno, la situazione demografica del nostro Paese ma non solo; pesa anche il crescente sfilacciamento di quel tessuto sociale nel quale la famiglia era nucleo centrale. Problemi non di poco conto che sembrano presi “di petto” dal governo che per bocca del premier Draghi, proprio alla conferenza sulla Famiglia, ha definito le politiche familiari prioritarie oggi per il nostro Paese. «La famiglia è un bene collettivo essenziale – ha detto Draghi – può e deve essere tutelato dallo Stato». E in un altro passaggio ha sottolineato come si debbano usare le politiche pubbliche per rimuovere gli ostacoli alla scelta di formare una famiglia e «mettere le coppie in condizione di avere figli se lo desiderano».
Dietro alle parole del premier, accolte con un certo apprezzamento da tante associazioni di genitori, ci sta una grande sfida che ogni tanto fa capolino nel dibattito pubblico per essere poi puntualmente messa da parte. Parliamo del patto generazionale, di quell’atteggiamento che tutti dovremmo avere non tanto di protezione dei nostri figli, magari quelli più giovani, ma di una reciproca collaborazione nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità. Ci capita talvolta, in riferimento soprattutto all’ambiente scolastico, di incrociare storie positive in cui un ruolo centrale l’ha avuto un adulto. È in questi luoghi, spesso tra le mura di un’aula scolastica, che si formano uomini e donne in grado di pensare in grande il domani della nostra società.
È un po’ il nostro sogno di genitori Agesc: rinsaldare un’alleanza trasversale, scuola, genitori, territorio, in grado di dare risposte concrete al bisogno di crescita umana e culturale della nostra società civile attraverso uomini e donne che si assumono la responsabilità di stare, da “adulti”, in un contesto sociale complesso ed in continuo cambiamento.
Dal momento in cui siamo nati abbiamo iniziato questo percorso di relazioni, di “rete”, la cui necessità si riscontra soprattutto oggi. Un cammino non sempre facile, anzi, decisamente impegnativo perché non è semplice coinvolgere le giovani generazioni di genitori, mantenere un dialogo con le scuole e i gestori stessi, alimentare quel pensiero del “noi” rispetto all’“io” in cui non solo le restrizioni dovute alla pandemia ci hanno rigettato.
La tendenza a guardare il proprio interesse a discapito del bene comune, che poi è di fatto ricchezza per noi stessi, lascia sempre più il segno nelle nostre comunità fino a lasciarne i segni che tocchiamo con mano.
La domanda allora sorge spontanea: siamo sicuri che le poche nascite, le poche famiglie, siano conseguenza di insufficienti politiche familiari? O meglio pensiamo che bastino più soldi nelle tasche delle giovani famiglie per fare figli? Siamo convinti che le due cose debbano andare di pari passo, vale a dire che il sostegno economico e le condizioni di attenzione di una società alle problematiche della famiglia debbano andare assieme ad un’azione culturale che è trasversale alle generazioni. Come ricorda uno slogan famoso e anche qualche presidente di associazioni familiari e di genitori, dopo le parole bisogna passare ai fatti. Allora dedicare più risorse al sistema scolastico, all’istruzione, alle politiche familiari potrà risultare una tra le mosse vincenti per andare in quella direzione: ricreare un rapporto stretto e di fiducia fra le generazioni. Mettere la persona al centro oggi vuol dire proprio questo.
Roberto Zoppi
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Fonte:Avvenire