«L’impegno dei genitori a scuola per realizzare una vera comunità educante»
In questo periodo è in corso un acceso dibattito sulla presenza dei genitori nelle scuole: c’è chi li vorrebbe presenti e chi ritiene che dovrebbero entrarci al massimo una volta l’anno.
Prima di schierarsi a favore di una posizione o dell’altra, forse vale la pena chiarire cosa vuol dire “avere le famiglie nelle scuole”. Sicuramente non vuol dire che cartelle e compiti vengono fatti da mamma o papà, né che sono i genitori a dire agli insegnanti come fare il proprio lavoro, quali argomenti affrontare prima, con che tempi ecc. Questa si chiama “ingerenza”, ossia l’intromettersi ed esercitare una qualsiasi influenza in cose che riguardano direttamente i propri figli e gli insegnanti. Atteggiamento tipico di quelli che vengono definiti i “genitori elicottero”, ossia quei genitori che, spinti dal desiderio di non veder soffrire i propri figli, assumono un ruolo sovra-protettivo, esercitando un controllo continuo sulla vita e le attività dei figli limitandone l’autonomia. Il genitore dovrebbe agire in modo da fornire ai propri figli le capacità necessarie per dispiegare le ali e volare per il mondo. Essere presente nel momento di difficoltà, non significa eliminare ogni ostacolo, bensì essere d’appoggio quando si verifica, lasciando ai figli la possibilità di vivere questo momento e superarlo con le proprie forze.
Essere genitore è un compito difficile e lo si impara facendolo. Non c’è la ricetta perfetta o la formula magica che applicata dà per certo il risultato sperato, perché le variabili in gioco sono infinite. In ogni caso, il ruolo centrale nell’educazione dei giovani è in capo alle famiglie, tanto che viene sancito persino nella nostra Costituzione all’articolo 30, che riconosce ai genitori il “dovere” prima che “diritto” di istruire ed educare i propri figli.
La famiglia, quindi, non può demandare in toto alla scuola tale compito: queste due entità (scuola e famiglia) devono collaborare verso un obiettivo comune. Entra in gioco, così, il concetto di “comunità educante”, espresso molto bene dall’ormai noto aforisma secondo cui «per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio». Infatti, la formazione dell’individuo si realizza attraverso le esperienze quotidiane in famiglia, tra i banchi e nel mondo esterno.
La “comunità educante” viene quindi ad essere un modello di collaborazione attiva tra tutte le realtà coinvolte nel processo educativo e di crescita dei giovani: famiglie, scuole, insegnanti, istituzioni e la società nel suo complesso.
In questo contesto, la presenza del genitore a scuola si concretizza nella partecipazione al “patto educativo” tra famiglia e scuola, dove ognuno mantiene il proprio ruolo, ma in costante dialogo, collaborando. Questo è valido in particolar modo nella scuola paritaria cattolica, dove la missione educativa va oltre le singole materie scolastiche, perché punta a una crescita umana, spirituale e sociale di alunne ed alunni, nel rispetto delle peculiarità del singolo individuo. Qui si inserisce l’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) che tra i propri obiettivi ha quello di fare da “ponte” tra la famiglia, la scuola e le istituzioni. Creare momenti di formazione per i genitori all’interno della scuola e su tematiche inerenti lo sviluppo culturale ed emotivo dei giovani è essenziale, perché consente di creare le basi per un dialogo tra la famiglia e la scuola in cui tutti parlano la medesima lingua. Per poter portare avanti lo stesso patto educativo è essenziale che questo sia condiviso e compreso, di modo che il genitore possa rinforzare il lavoro che viene fatto dall’insegnante a scuola. In questo modo, il genitore è sì presente negli istituti, ma non per sostituirsi all’insegnante, minandone professionalità ed autorevolezza, bensì per collaborare nello sviluppo del giovane.
In questo modo, le famiglie mantengono il proprio ruolo centrale nell’educazione, nella formazione valoriale e nella crescita dei propri figli; mentre gli insegnanti restano le figure cardini per l’istruzione e l’orientamento culturale dei propri alunni ed alunne.
Più che dibattere, quindi, sulla presenza o meno del genitore nella scuola, forse risulterebbe più vantaggioso discutere su come aiutare concretamente i genitori a far sì che la loro non sia “ingerenza”, bensì “partecipazione attiva”. In questo modo, la loro presenza non sarebbe più così ingombrante e si trasformerebbe, invece, in una risorsa preziosa ed arricchente sia per i propri figli, che per l’intera comunità scolastica.
La vera “Comunità educante” non è una lotta di potere, bensì un progetto di collaborazione, basato sulla fiducia reciproca di tutte le parti in gioco.
Elsa Ganassini
Segretario Nazionale
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Fonte: Avvenire