Istruzione e lavoro, leve centrali per il riscatto dei ragazzi più deboli

Scuola, educazione, diritto alla scelta dello studio e occupazione sono oggi sempre più strettamente connessi nella vita dei giovani
Istruzione e lavoro, leve centrali per il riscatto dei ragazzi più deboli

Ogni anno, in concomitanza della Festa della Repubblica, che si celebra il 2 giugno, il nostro presidente nomina i nuovi Cavalieri del Lavoro; persone che con la loro attività, ingegno, dedizione hanno contribuito alla “crescita” del Paese. Così è stato anche quest’anno con la firma dei decreti da parte del presidente Mattarella. È un evento che si ripete da 120 anni e che per la nostra storia repubblicana assume un valore particolare e per questo è collocato alla vigilia della Festa della Repubblica. Un valore che i padri costituenti, all’indomani del referendum che sancì definitivamente la svolta repubblicana dell’Italia, hanno voluto come cardine dei principi che regolano il nostro vivere civile mettendolo, nero su bianco, nella Costituzione della repubblica: il lavoro.

Come associazione ci siamo più volte interrogati sui fondamenti della nostra Costituzione che sono la traduzione di quello che vuole essere la nostra democrazia, la nostra Repubblica.

Scuola, educazione, diritto alla scelta dello studio, lavoro, sono oggi sempre più strettamente connessi fra di loro e coinvolgono in maniera determinante il futuro, la vita delle famiglie, dei nostri figli e di ogni giovane studente i suoi sogni, i suoi desideri. Il recente intervento del legislatore che in materia di istruzione ha posto l’attenzione sugli Its, Istituti tecnici superiori, una sorte di università della formazione al mondo produttivo, dice quanto l’argomento sia fondamentale per gli anni a venire e proprio per questo tanti istituti paritari sono da tempo proiettati verso quel futuro.

Allora oggi, all’indomani della festa della Repubblica, la domanda sorge spontanea: quale Repubblica abbiamo celebrato? È veramente la Repubblica della dignità del lavoro, dove sono sanciti i diritti inviolabili dell’uomo e spetta alla Repubblica far sì che possano realizzarsi? Dov’è riconosciuta la libertà di educazione ed il primato educativo della famiglia? Dove la libertà di scelta educativa è pienamente raggiunta?

Da quasi ottant’anni la nostra Costituzione, talora con un filo di voce, ma senza mai venir meno al suo compito, è lì a ricordarci che la democrazia si fonda sul lavoro. Un lavoro che oggi non può essere alternativo allo studio, perché nella società della conoscenza la ricchezza è il sapere, ed è quindi dall’istruzione che sgorga la concretezza della civile convivenza, della dignità delle persone e della loro autonomia di pensiero e d’azione. Nella società della conoscenza istruzione, formazione e lavoro sono tutt’uno. Ma, come genitori delle scuole paritarie cattoliche, vogliamo ricordare ancora una volta che, se non c’è il collante dei valori etici, questi aspetti continueranno a restare slegati e in opposizione fra loro. Se non c’è libertà di scelta educativa una parte importante della convivenza democratica, dell’indispensabile alleanza educativa resta incompiuta.

Nella società della conoscenza non possiamo dire a nessun ragazzo, «vai a lavorare perché non sei adatto allo studio », perché non esiste studio dotato di senso se non è coordinato alla vita; non esiste lavoro che possa svolgersi senza istruzione e formazione. Ecco dunque l’etica della conoscenza come consapevolezza che ricchezza, conoscenza e civiltà si disperdono se non sono ancorate a un umanesimo laicamente cristiano e non creano democrazia se non hanno al centro l’uomo, con i suoi limiti e i suoi pregi, ma soprattutto con la sua dignità. La persona è il fondamento della vita sociale. Ogni azione politica è destinata al fallimento e scaverà solchi sempre più profondi fra i cittadini, se gli organi della società civile e democratica non sapranno tenere la barra ferma verso una democrazia sostanziale, non solo fatta di adempimenti, ma di profonde e concrete realizzazioni per il lavoro a partire dai più giovani, dai più deboli, dai più fragili. Perché la conoscenza, e quindi il lavoro, sono riscatto dai limiti e dalle fragilità.

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Fonte:Avvenire