Investire nell’istruzione (anche paritaria) per garantire un futuro all’Italia
È necessaria e urgente una più equa distribuzione delle risorse. Che eviti alle famiglie di pagare due volte lo stesso servizioNei giorni scorsi, la pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione dei dati riferiti al costo medio studente ha riaperto il dibattito sull'argomento del costo della “scuola” per chi, come noi, genitori con figli che frequentano le scuole pubbliche paritarie, ogni anno si trova a fare i conti con la retta scolastica.
Il costo medio per studente è un dato importante, perché determina la caratteristica non commerciale delle scuole pubbliche paritarie, che devono praticare rette il cui importo sia inferiore a quanto spende lo Stato in media per ogni allievo. Permette poi alle stesse di poter essere ammesse all'erogazione dei contributi statali che, seppur insufficienti ed endemicamente in ritardo, sono sicuramente importanti per la vita degli istituti paritari italiani. La cosa più evidente è la disparità di trattamento, perché a fronte di un costo medio per allievo alla statale di 7mila euro, alla scuola pubblica paritaria viene destinato un contributo molto inferiore, quasi irrisorio. Questo rende difficile per le famiglie poter scegliere liberamente l’educazione e la formazione dei propri figli, perché condizionati dal pagamento delle rette. Allo stesso tempo, è assolutamente ingiusto che i genitori debbano pagare due volte, prima con le tasse poi con la retta, un servizio pubblico.
È questo un argomento delicato, soprattutto complesso, perché vede inserirsi sulla “spesa” tutta una serie di voci oggettive e qualcuna anche poco evidente, ma di grande sostanza. Per noi genitori la scuola dovrebbe poter essere una scelta con pari dignità: nella nostra Costituzione è attribuito alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.
«Tu sai a quante ferie abbiamo rinunciato per permettere ai nostri figli di frequentare quella scuola», mi ha ricordato una cara amica, madre di tre figli, pochi giorni fa. Un'affermazione che mi ha ricordato l’esperienza di tanti genitori che hanno “investito”, non senza fatica e rinunce, nella scuola per i loro figli.
E pensare che da più di 20 anni, dal 10 marzo 2000, con la legge 62 (Berlinguer) il sistema pubblico scolastico italiano è costituito da scuole gestite dallo Stato (statali) e da scuole che hanno un gestore diverso dallo Stato (enti pubblici o privati) e che forniscono un servizio pubblico (paritarie), ed in molti territori le scuole paritarie offrono anche un servizio sussidiario allo Stato. Ma la realizzazione dell'effettiva parità economica è ancora molto lontana. Oggi noi dovremmo parlare di “Sistema scuola”, di offerta plurale, di qualità, invece dimentichiamo volentieri in questa occasione di essere europei (nel resto d’Europa da molti decenni hanno superato la questione) e restiamo ancora fermi al dilemma “funzione pubblica” e “gestione privata”.
La nostra Costituzione riconosce la libertà d’insegnamento, e attribuendo il diritto-dovere ai genitori di educare i propri figli, ne sancisce anche il primato educativo e di conseguenza anche la scelta del modello educativo è in seno ai genitori.
L’impegno e lo spirito di servizio dei genitori Agesc, oltre alla collaborazione negli istituti e a livello istituzionale locale, si manifesta anche con la partecipazione ai tavoli istituzionali con tutte le altre associazioni rappresentanti la scuola pubblica a tutti i livelli territoriali nazionale e locale. Solo attraverso la precisa volontà d’impegnarsi in un cammino che preveda un consapevole e sereno confronto ed un serio lavoro, nello spirito di collaborazione, si possono realizzare possibili percorsi che rendano effettivamente paritaria la scelta a beneficio di tutto il sistema scuola e per tutti i cittadini. Molto è stato fatto in questo senso, ma ad oggi è ancora insufficiente.
Investire sui giovani e sulla scuola è un atteggiamento che ogni società civile, ogni Paese, Stato e comunità dovrebbe mettere al primo posto.
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Fonte:Avvenire