Il rispetto e la delicatezza, due valori che vanno insegnati anche a scuola
Un dirigente scolastico e una studentessa riflettono sul significato delle relazioni tra le personeOggi si celebra la Giornata internazionale dedicata a una problematica fra le più gravi e più sentite a diversi livelli di latitudine e in molteplici ambienti culturali, ovvero quella della violenza nei confronti delle donne. Tante piazze dei nostri paesi e delle nostre città si sono vestite di rosso. Un colore che rappresenta ed evoca il sangue e l’amore ripresi, in maniera figurata e simbolica, da tante paia di scarpe da donna di colore rosso appunto.
Anche nelle scuole, attorno a questa data, si organizzano momenti di approfondimento, confronto e di sensibilizzazione. Un modo per educare ed educarci al rispetto per la persona, ogni persona e comprendere il valore della corretta relazione tra persone, uomini e donne, ragazzi e ragazze . Come genitori , crediamo nel ruolo fondamentale dell’educazione in famiglia in sinergia con la scuola che è luogo di formazione e crescita della persona. È per questo che proponiamo come riflessione alcuni passaggi, alcuni pensieri tratti della lettera/ messaggio scritta per l’occasione da un dirigente scolastico di un istituto paritario cattolico, e da quella inviataci da una giovane studentessa.
«...nel tentativo di aiutarci a capire seriamente il valore della relazione desidero sottolineare come un corretto modo di vivere la propria identità non possa prescindere da due valori fondamentali: il rispetto e la delicatezza.
Il rispetto è il principio che autolimita e definisce i propri gesti, le proprie istintive pulsioni, il proprio modo di rapportarsi agli altri. Il rispetto, che in passato si chiamava anche pudore, è la capacità di fermarsi non solo “per non infastidire” l’altro, cosa di per sé già positiva e lodevole, ma anche, direi, per non dar prova negativa di sé e perdere quella credibilità e reputazione sociale che oggi sembrano così secondarie e passate di moda.
La delicatezza è invece un valore immensamente prezioso e non riguarda solo i gesti e i comportamenti, ma ha a che fare soprattutto con le parole, che talvolta sono più taglienti delle spade. Il tono di voce, la cortesia nel porgere, la capacità di chiedere più che di ordinare, di dare segnali di serenità, più che di provocazione, di creare accordo e intesa, più che di scontro e conflitto, la capacità di non offendere, di non urlare, di ascoltare e parlare dopo aver pensato, sono un bene di cui tutti sentiamo la mancanza e che invece sembra disprezzato e poco valorizzato. Essere uomini ed essere donne è anche essere capaci di atteggiamenti di chiarezza con se stessi, di lucida lettura della propria anima, di maturazione consapevole nella dimensione della propria affettività e del proprio stile di vita e di linguaggio. In altre parole dobbiamo imparare a non imitare, e ad avere l’orgoglio ed il coraggio della nostra autonomia di pensiero. Non per essere aggressivi missionari di ideologie, ma per essere testimoni di umanità autentica, capace di ascolto e quindi di espressione sincera. Occhi, bocca, mani, possono ferire se non sorretti dal tatto e dalla capacità di ascolto.
Vorrei che la scuola, soprattutto la nostra scuola, mandasse in frantumi i modelli arcaici dai quali sembra che persino i giovanissimi non riescano a liberarsi e approdassimo a una cultura nuova delle relazioni». “...credo sia necessario tenere a mente che l’amore non priva di nulla, al contrario arricchisce di emozioni ed esperienze. Non ci si appartiene ma ci si tiene per mano, proprio come nel dipinto di Marc Chagall “La Promenade”, in cui il pittore ritrae se’ stesso in piedi su una collinetta mentre tiene per mano sua moglie Bella che, vestita di un rosso ciliegia, si libra leggera nell’aria»...
Un’immagine che vogliamo rilanciare oggi, in questo 25 novembre, insieme al monito che ci ricorda che noi come genitori abbiamo la responsabilità di essere i primi testimoni credibili ed esempio per i nostri figli.
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Fonte:Avvenire