«Fare memoria per imparare a comunicare meglio coi nostri ragazzi»

«Fare attenzione alle persone, ai soggetti, più che agli aggettivi che distraggono»: è l’insegnamento del Papa

«Fare memoria per imparare a comunicare meglio coi nostri ragazzi»

Si ripeterà oggi, 4 novembre, un gesto che è particolarmente significativo per la nostra storia: il presidente della Repubblica salirà i gradini del Vittoriano per deporre una corona di fiori sulla tomba del milite ignoto, uno dei tanti ragazzi che trovarono la morte in una tragedia, quella della Grande Guerra, che non era la prima e non è stata (purtroppo) l’ultima. È un gesto che si ripete da anni che ha in sé il valore profondo del “fare memoria” del “ricordare”, non tanto fortune o sfortune belliche ma ricordare uomini e donne vittime di tutte le guerre.

Se i gesti sono importanti per quello che rappresentano, questo è uno di quelli particolarmente significativi per quello che “comunica”. Nella società del “comunicare” gesti e segni acquistano oggi sempre maggiore importanza, arrivando spesso a superare, sostituendola, la parola nell'ambito dell’educazione e della formazione. Lo sappiamo bene noi genitori che tocchiamo con mano ogni giorno quanto le parole, alla fine, perdono il loro significato e la loro importanza se non confermate e supportate dal nostro comportamento, da quello che raccontiamo con il nostro modo di essere. Il “comunicare” non è dunque assolutamente facile in famiglia e soprattutto in un ambiente educativo come quello della scuola, che vorremmo sempre attento alla persona, ad ogni singolo studente, alla sua storia e ai suoi talenti… in una parola alla sua unicità.

Nell'udienza al Coordinamento delle Associazioni per la Comunicazione (il Copercom) del 31 ottobre scorso, di cui Agesc fa parte da sempre, papa Francesco ha sollecitato i partecipanti, rappresentanti 26 associazioni che fanno riferimento alla Cei, a guardare alla comunicazione tenendo conto di tre atteggiamenti: Incontro, Ascolto, Parola, che ha definito «l’A-B-C del buon comunicatore».

Oggi ci poniamo dunque la domanda di come, da genitori, queste “buone regole” possano essere trasformate in stili di vita in famiglia e a scuola. L’accostamento alla memoria, che celebrazioni come quelle del 4 novembre sottolineano, ci stimola ancora di più alla riflessione su questi atteggiamenti che sono parte del “fare memoria”. L’incontrare e lo stare con i nostri ragazzi da genitori e da educatori, in un atteggiamento di ascolto, prima che di parola, è oggi più che mai indispensabile per non rendere inefficace poi il dialogo.

L’ascolto è «l’ingrediente indispensabile - così l’ha definito papa Francesco - perché ci sia un dialogo vero» indispensabile e straordinariamente importante in un tempo di grandi cambiamenti. In questo «cambiamento d’epoca» diventa necessario trovare strade nuove per tenere allacciato quel filo che lega le generazioni che altrimenti rischia invece di sfilacciarsi.

«Cambiare non per assecondare le mode», per citare le parole del Papa, ma per individuare percorsi più adatti per stabilire con le nuove generazioni contatti sempre più significativi.

Il mondo di oggi, caratterizzato dalla tecnologia, dalla massiccia influenza dei social, da internet, dove l’autenticità dei contenuti e delle informazioni postulano capacità di verifica, analisi e critica, richiede una presenza consapevole di noi genitori, chiamati ad essere attori coprotagonisti nella relazione educativa. L’uomo nasce da una relazione e l’educazione è il frutto di una relazione: quale scuola, quale formazione, quale istruzione vogliamo e stiamo offrendo ai nostri figli? Passione educativa e relazione al centro.

Lo ha evidenziato bene papa Francesco nel suo intervento al Copercom con una frase che dice lo stile, l’atteggiamento, che da genitori ed educatori dovremmo avere: « Incontrare, ascoltare e poi parlare», ha ribadito il Papa. « Il vostro lavoro sia sempre guidato da queste azioni, ponendo sempre l’attenzione ai sostantivi, cioè alle persone, più che agli aggettivi che distraggono».

L’attenzione alle persone dunque con questa dinamica, con questo “stile”, potrà aprire scenari nuovi anche nel campo educativo e imprimere una svolta a quelle conflittualità generazionali e di ruolo che pesano oggi sulla nostra comunità. Questo è quanto ci auguriamo… per noi e per i nostri figli, da genitori nella scuola.

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Fonte:Avvenire