Estate di riposo o di fatica? Un dilemma che Seneca aiuta a risolvere
Per milioni di studenti sono cominciate le vacanze. Un periodo da vivere senza dimenticare l’impegnoSeneca in una delle sue opere più celebri il De tranquillitate animi ovvero, “La serenità dello spirito”, ammoniva a non esagerare con il lavoro e con l’impegno intellettuale. « Bisogna allentare la pressione sugli animi: una volta risposati rinasceranno migliori e più acuti». Insomma, dice Seneca: la resilienza è possibile, ma è necessario un allentamento, un «dare respiro», quasi un «lasciare andare e un lasciarsi andare» Ma l’obiettivo non è quello della rinuncia, bensì quello di una ripresa più energica e vivace. Queste riflessioni nascono inevitabili tra la fine delle lezioni e l’inizio dell’estate. Per milioni di ragazzi è il momento del raccolto, che può essere abbondante o scarso, ma, in ogni caso, è anche l’inizio di una fase più distesa, e meno angosciante. Molte scuole attivano subito i corsi di recupero per aiutare quanti hanno visto “sospeso il giudizio” allo scrutinio finale, alcune persino fanno svolgere le verifiche di controllo del recupero entro giugno o la prima settimana di luglio. Tutto (si dice) per aiutare i ragazzi a conseguire valutazioni positive, prolungando (forse in modo discutibile) il tempo di impegno e di studio durante l’estate.
Di fronte a questa operazione viene però da chiedersi: ma potranno trovare i nostri ragazzi un momento di pausa e distensione per dare all’animo quel respiro di cui parla Seneca? Perché in ogni caso, prima o poi, sarà necessario che nel corso dell’estate essi dedichino tempo ed energie a risanare i “debiti formativi”. Proprio qui sta il problema: in una saggia ed efficace gestione del tempo. Nel corso delle stagioni invernali, un numero sempre più alto di studenti del primo e del secondo grado (ma anche la scuola primaria non sfugge a questa situazione) svolge attività extrascolastiche: danza, sport, musica, scout, volontariato, etc. Non tutti però sono in grado di conciliare e reggere ad un tempo le esigenze della scuola con gli impegni extra, che certamente hanno il loro valore, ma non di rado assorbono più energie del dovuto. Negli ultimi anni poi a sedurre l’attenzione degli adolescenti ci sono i social e quella che possiamo chiamare “vita digitale”. Come si pongono, dunque, le richieste della scuola di fronte a una realtà sociale che non accetta più la sconfitta, e quindi vede la bocciatura e la sospensione del giudizio come una condanna? La sensazione è che la scuola, così come è organizzata, non sia più in sintonia con la complessità sociale e che i bisogni e i desideri delle famiglie, sempre più problematiche e destrutturate, vedano nella scuola più un peso che una risorsa. Le vacanze sono vissute non tanto come momento di pausa, rigenerazione, respiro, ma come evento: viaggio studio, summer school, volo in terre esotiche e lontane. Si tratta perciò di capire come possa conciliarsi strutturalmente questa situazione con una “sospensione del giudizio” che prevede poi un riscontro tra fine agosto e inizio settembre, al quale ci si presenta raramente nelle condizioni di aver risanato il debito. E dunque, che fare? Forse è tempo di domandarsi se non sia il caso di finirla nel secondo grado, con questo teatrino che scimmiotta malamente gli esami di riparazione e decidere di chiudere la partita a giugno, registrando lo stato reale degli apprendimenti, ammettendo all’anno successivo tutti, ma con l’onestà intellettuale che obbliga a registrare le valutazioni senza alterazioni. Se la promozione esigeva la totalità delle sufficienze come condicio sine qua non, l’ammissione può benissimo effettuarsi anche con i quattro e i cinque. In ogni caso la vacanza, per chi non avrà insufficienze sarà un vero momento di rigenerazione. Chi avrà qualche insufficienza si affiderà alla sua responsabilità e regolerà comunque il suo tempo con la massima libertà. La scuola, in ogni caso avrà fatto il suo dovere senza false forme di certificazione. Nella società della comunicazione e della conoscenza non è più credibile una scuola che si finga severa nelle forme e sempre meno seria nella sostanza.
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Fonte:Avvenire