Nell’Italia disorientata, la scuola rilancia la sfida dell’educazione globale
Il rapporto del Censis uscito in questi giorni disegna una società italiana sempre più incerta, in preda al pessimismo e al disorientamento. Non ci si poteva aspettare molto di diverso, visto il periodo che stiamo attraversando e i recenti avvenimenti che, anche “in casa nostra”, ci hanno a dir poco travolti e feriti al punto da rendere impossibile una posizione di distacco o di disinteresse. Abbiamo compreso tutti che la questione educativa è ormai non “un problema” ma “il” problema.
La fragilità delle nostre storie e il valore della continuità esperienziale e cultuale si va facendo sempre più urgente e ineludibile, dopo che gli anni della pandemia ci avevano richiamati dal sogno di una eccitante narcosi di onnipotenza, in cui sembrava che tutto, nonostante tutto, potesse essere pensato, progettato e gestito. Il digiuno delle relazioni e la clausura domestica ci hanno fatto comprendere quanto siano importanti per la civile convivenza, i rapporti culturali, le vitali reti delle realtà associative, i vincoli di affetto e di rispetto nella vita di famiglia, la saggia capacità di tenere linee relazionali di civiltà anche là dove, per dolorosi motivi, fossero falliti legami in passato considerati indissolubili e oggi invece fattisi più fragili e soggetti a mutamenti anche profondi.
Ci siamo svegliati consapevoli che tante buone intenzioni erano solo evanescenti suggestioni, retoriche illusioni prive di consistenza fattuale e abbiamo sperimentato concretamente che per cambiare rotta bisognava prendere coscienza delle nostre fragilità, del bisogno reale di passare dall’Io al Noi, di spenderci e comprometterci veramente per i valori che rappresentano il vero investimento per il futuro: i nostri figli.
Grazie a questo spazio su Avvenire, che Agesc ha concepito e cercato di attuare come forma continua e periodica di dialogo con i tanti genitori che ci leggono ogni settimana il venerdì, abbiamo da tempo scommesso sulla capacità di suscitare riflessioni ed interrogativi comuni proprio nell’ottica di allargare e condividere quella “Alleanza educativa” che è impressa nel nostro Dna come bisogno primario e urgenza irrinunciabile di una società che abbia a cuore il proprio futuro. In tale ottica la scuola era e rimane indiscutibilmente il luogo elettivamente deputato a questa funzione. Nella scuola, come “campo di incontro fra generazioni” e “spazio fondativo di relazioni”, riteniamo sia importantissimo che si parli di un evento in corso queste settimane, ovvero la Conferenza Cop28 che si sta svolgendo a Dubai.
Si tratta del più importante incontro internazionale sul clima, nel quale si giocano strategie ed interessi che, da un lato appaiono fatti per preservare l’unico mondo che abbiamo, dall’altro confermano l’idea che lo sfruttamento delle risorse del nostro pianeta non sembra venire meno. Seppur controllato, forse rallentato, sicuramente non diminuito, l’uso delle risorse naturali necessarie a molte industrie rimane irrinunciabile per gli interessi di chi non è in grado di innovare e rimane ancorato a modalità produttive finalizzate sempre e solo al profitto.
Da tempo di fronte ai cambiamenti climatici, allo sfruttamento “feroce” di ogni risorsa che possa creare profitto, all’aumento della “sostituzione” della dignità umana e dell’uomo con le nuove tecnologie, ci siamo tutti fatti la classica domanda: ma quale mondo lasceremo ai nostri figli? In che pianeta e con quale qualità della vita vivranno i nostri nipoti? Sono domande insite nell’essere genitori; domande che ogni “padre”, ogni “madre” si devono porre. Domande che ogni educatore che vive la sua vocazione in ambito scolastico sperimenta sulla propria pelle ogni giorno e alle quali ogni giorno cerca di dare non solo risposta, ma soprattutto sostanza.
E la risposta corretta che ogni buon educatore può e deve dare parte da un’altra domanda: che “figli” lasciamo a questo mondo? La sfida educativa ci interpella tutti e chiede a tutti l’assunzione delle proprie responsabilità oggi più che mai. L’ecologia “integrale”, di cui parla sempre più spesso papa Francesco, costituisce un paradigma essenziale per comprendere e collegare fenomeni e problemi ambientali che spesso non sono associati all’agenda ecologica in senso stretto, ma che sono fondamentali, come la vivibilità e la bellezza degli spazi urbani e l’attenzione ai legami e alle relazioni a tutti i livelli. Per questo come Agesc, come genitori ed educatori, ci sentiamo in dovere di rilanciare nel mondo della scuola, del quale ci sentiamo protagonisti, il messaggio forte di papa Francesco. La scuola rappresenta la sola occasione che abbiamo per impegnarci insieme e per inviare nel mondo persone all’altezza dei nostri tempi sul piano della competenza scientifica, ma soprattutto della cultura strategica, della sensibilità etica e della dimensione umana.
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Fonte:Avvenire