Dal “Patto globale per l’Educazione” al nuovo modello di bene comune
La scuola del XXI secolo è chiamata a una profonda immersione nel sociale e nella realtà delle nostre comunità localiTutti ricordiamo l’emozionante Discorso al Mondo della scuola italiana pronunciato da Papa Francesco in una straripante Piazza San Pietro il 10 maggio 2014, in occasione di una giornata memorabile, alla preparazione della quale l’Ufficio Nazionale Educazione, Scuola e Università della Cei aveva lavorato per un anno. Fu in quel contesto che udimmo per la prima volta una frase che divenne un mantra: «Per educare un figlio ci vuole un villaggio». Era un richiamo forte a rovesciare il paradigma, ormai obsoleto, che la scuola debba preparare alla vita come qualche cosa di separato; Francesco invece affermava che la vita e la scuola insieme, strettamente alleate, devono educare le persone perché siano se stesse e possano restituire alla società il bene che ne hanno ricevuto. E dunque dobbiamo andare verso una “Pedagogia dei Territori” nel doppio senso della frase: investire sui territori per farli crescere nella coscienza pedagogica; valorizzare i territori perché imparino a loro volta ad educare. In tal prospettiva il 5 ottobre 2021, in occasione della Giornata mondiale degli insegnanti ed educatori, Francesco ha rilanciato la straordinaria proposta del “Global Compact on Education”, ovvero del “Patto Globale per l’Educazione”, che costituisce un documento di frontiera per tutti gli educatori, in particolare per coloro che si ispirano a una visione antropologica cristiana e si impegnano a realizzarla in campo educativo. Si tratta di un’autentica miniera di pensiero pedagogico e di strategie didattiche, configurato in un prezioso vademecum scaricabile senza problemi da internet. Sette sono i fondamentali campi d’azione: 1. Mettere al centro la persona, 2. Ascoltare le giovani generazioni, 3. Promuovere la donna, 4. Responsabilizzare la famiglia. 5. Aprire all’accoglienza, 6. Rinnovare l’economia e la politica, 7. Custodire la casa comune. Se consideriamo l’importanza dei 17 obiettivi fissati dall’Onu per l’Agenda 2030, possiamo renderci conto come l’invito del Santo Padre non sia quello di costituire una strada autonoma, persino indipendente, dell’educazione cristiana cattolica rispetto alle grandi sfide planetarie che investono le generazioni attuali e future di coloro che saranno chiamati al governo delle comunità; ma quello di un coinvolgimento profondo per una corresponsabilizzazione degli educatori, non solo delle scuole paritarie cattoliche, ma di tutti i cristiani nella ricerca educativa finalizzata ad attuare un nuovo modo di concepire e progettare il bene comune. Siamo, in sostanza in perfetta coerenza con l’enciclica Laudato si’, ma anche con il precedente magistero di Benedetto XVI, in particolare con il concetto di “ecologia umana” ben delineato nella Caritas in Veritate: «La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso».
La scuola del XXI secolo è chiamata a un’immersione nel sociale, nel reale delle comunità, non per annacquare lo studio con esercizi di distrazione o attenuazione della sfida educativa, ma per renderla più responsabile, per connettere costantemente la dimensione etica dello studio con il valore cognitivo, scientifico, rigorosamente disciplinare. Questa visone pedagogica deve svilupparsi con la gradualità necessaria, con la ricerca delle corrette metodologie, calibrate sulle caratteristiche delle diverse età, senza bigottismi ideologici o fanatismi di schieramento. L’antropologia cristiana ci aiuta sempre a focalizzare il principio che il sabato è per l’uomo e non il contrario: la scuola è per l’uomo e non viceversa. Ridare significatività allo studio, renderlo efficace, creare libertà del cuore e autonomia di pensiero: questo l’impegno che ci attende nei prossimi anni per formare quelle coscienze che dovranno governare saggiamente la terra: dalle piccole comunità locali alle grandi aggregazioni nazionali. Una sfida immane. Che deve cominciare subito. Se non ora, quando?
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Fonte:Avvenire