Così le scuole paritarie hanno aperto le aule (e il cuore) agli ucraini

Da Nord a Sud, gli istituti non statali stanno dando ospitalità agli alunni in fuga dalla guerra. «Slancio commovente»
Così le scuole paritarie hanno aperto le aule (e il cuore) agli ucraini

C’è chi ha cominciato col ripulire e rendere adeguati gli ambienti a disposizione, chi si è dato da fare per raccogliere materiale scolastico, chi ha organizzato e coinvolto famiglie che si sono rese disponibili all'accoglienza. È il mondo dei genitori Agesc che da nord a sud, in tante scuole ed istituti ha raccolto in questi giorni l’invito a farsi prossimo per mamme e bambini in fuga dalla guerra in Ucraina. Il denominatore comune è la consapevolezza che non possiamo restare estranei a questa tragedia e a un mondo di sofferenza che bussa alla nostra porta. Lo dimostrano le tante famiglie che si stanno preparando ad accogliere nelle loro case queste persone. È indubbiamente un gesto importante che coinvolgerà in modo forte chi aderisce, perché, cosa tutt'altro che semplice, si tratta di ospitare per lo più donne con i loro figli, che hanno come unica alternativa le tendopoli con tutto quello che ne consegue.

Anche in questo frangente le scuole pubbliche paritarie stanno dando dimostrazione di essere realtà in grado di offrire un prezioso contributo a tutta la società e al sistema dell’istruzione con qualcosa di diverso e peculiare che viene dallo loro storia, dai carismi che le hanno generate e da quella passione educativa che sgorga dalle loro origini.

È una catena di solidarietà, quella che prende forma in questi giorni, che attraversa e accomuna tanti genitori Agesc che hanno condiviso con i propri ragazzi l’offerta di disponibilità all'accoglienza con risposte talvolta spiazzanti. «Come genitori abbiamo sentito il bisogno di parlarne con i nostri tre figli – racconta una mamma di Milano – cercando di non nasconderci le difficoltà che certamente incontreremo. Sentirli disponibili a condividere o lasciare la camera piuttosto che il bagno, consapevoli della “fortuna” che abbiamo, ci ha aperto il cuore…e non solo quello».

Con i gestori degli istituti paritari i genitori Agesc stanno condividendo questa delicata fase di accoglienza, che, se da un lato può sembrare guidata da una sorta di onda emotiva che ci attraversa e colpisce tutti, dall'altra è invece logica conseguenza della scelta educativa di chi ha cercato per i propri figli un percorso scolastico che abbia sempre come riferimento la persona e non sia avulso dai principi di aiuto, solidarietà e sostegno per chi vive situazioni di disagio e abbandono.

Capita così di trovare genitori e figli insieme impegnati per riadattare uno spazio della scuola che servirà per la prima accoglienza. Anche questo un segno concreto di come la condivisione in famiglie e tra generazioni di momenti e situazioni come quella che stiamo vivendo sia una formidabile scuola di vita e di relazioni per far crescere i nostri ragazzi.

Sono veramente tante le famiglie che hanno dato la disponibilità ad accogliere quanti arriveranno dalle zone di guerra dell’Ucraina. «Abbiamo ricordato loro, in un incontro fatto mercoledì, che questo gesto è importante e bello – sottolinea il direttore di un istituto – ma impegnativo e totalizzante». La risposta è arrivata subito, chiara e decisa, senza incertezze da parte di oltre 30 famiglie.

Questa è la scuola come comunità educante, quella comunità che si respira nelle scuole pubbliche paritarie che si sono chieste da subito come attivare una accoglienza vera, che metta al centro la persona con la sua vita, la sua cultura, i suoi valori. Una accoglienza che non cancelli quel legame “lacerato” con la propria storia e la propria terra, ma lo conservi e quasi lo custodisca nella condivisione.

«Quando sono arrivati ho visto la guerra nei loro occhi – ha scritto un preside – ma mi ha commosso profondamente vedere e sentire le nostre famiglie lì presenti per accogliere ». Mente, cuore, mani, per citare Papa Francesco che ci richiama al radicale cambiamento dei pensieri, un processo che coinvolge tutti e che oggi passa dalle nostre scuole, dalle nostre case.

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Fonte:Avvenire