«Condivisione e dialogo tra noi genitori, per fare più bella la scuola di tutti»
C’è un senso profondo che lega insieme i momenti “istituzionali” della nostra associazione. Uno di questi è il Consiglio nazionale che si è appena svolto a Milano. Alla nostra presidente Catia Zambon abbiamo chiesto di consegnarci un’impressione, un’eco di quello che sono stati i due giorni di lavori.
Presidente, come giudica quanto emerso dalla tavola rotonda?
A ventidue anni dalla legge 62/2000 che ha rappresentato una tappa importante verso la parità scolastica e la libertà di scelta educativa, in un momento di particolare emergenza educativa e crisi, abbiamo ritenuto necessario porre l’attenzione sulla centralità della persona, l’integrazione, il sostegno ai più deboli cercando di creare l’occasione per un confronto pubblico che, a partire dal Patto educativo globale, tema dello scorso Consiglio nazionale di febbraio a Firenze, possa essere stimolo per quanti hanno a cuore il bene comune, perché investire oggi nell’istruzione significa credere ed investire nel futuro . In questo i relatori ci hanno aiutato, perché sono riusciti a mettere a fuoco quanto intendevamo in un’analisi attenta e molto partecipata. Soprattutto l’alto profilo delle competenze sono state la cifra della nostra due giorni di Consiglio nazionale. Per questo dobbiamo ringraziare il cardinale Matteo Zuppi per il messaggio di incoraggiamento alla nostra associazione; l’autorevolezza della professoressa Luisa Ribolzi, della dottoressa Scavuzzo, della dottoressa Confalonieri, di monsignor Claudio Giuliodori e del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, moderati dal dottor Enrico Lenzi. Un grazie va poi all’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, per le bellissime parole della sua omelia.
Il Consiglio Nazionale è sempre un momento particolarmente importante per la vita dell’associazione…
Certo per questo evidenziavo l’alto profilo degli interventi e la qualità della grande partecipazione. La vitalità di una associazione come la nostra che unisce genitori di tutta l’Italia si misura dalla capacità di condivisione e di dialogo. Le differenze devono diventare risorsa, ma per fare questo ci vuole una coesione ed un senso di appartenenza che solo attraverso l’ascolto ed il rispetto delle diverse sensibilità si può costruire. In questi casi penso al tratto della lettera di san Paolo ai Romani laddove scrive: « La carità non abbia finzioni… gareggiate nello stimarvi a vicenda ». Ecco debbo dire che questo atteggiamento si è respirato a Milano.
Una delle sottolineature emerse riguarda la percezione che la società ha della scuola pubblica paritaria come di una scuola “privata” e di “élite”, e quindi l’importanza dei social e dei media nel ristabilire una “narrazione” corretta.
Mi piace qui ricordare, proprio da queste pagine di Avvenire, che da qualche anno a questa parte appuntamenti come quello che settimanalmente ci vede intervenire su questo quotidiano con articoli tematici e di riflessione a partire dalla attualità, sono una grande occasione per fare questo. L’ha ricordato il direttore Tarquinio parlando di mal comprensione che può generare un pensiero distorto. In questo caso, come Agesc abbiamo la responsabilità di contribuire a quel cambiamento culturale che possa fare bene a tutti riguardo il sistema scuola e a quel dibattito tutto italiano su funzione pubblica e gestione privata, affinché possa ripartire l’ascensore sociale che da troppo tempo è fermo a discapito soprattutto dei più fragili e vulnerabili.
Perché aderire ad Agesc?
È una domanda ricorrente che anche uno degli esperti che abbiamo chiamato per il nostro Consiglio mi ha fatto bevendo un caffè. In questo momento di emergenza educativa trovare insieme strumenti per essere concreti nelle risposte è assolutamente necessario per garantire a tutti le stesse opportunità indipendentemente dalle condizioni sociali, culturali ed economiche. Agesc è fortemente impegnata in questo come Associazione di promozione sociale, Ente riconosciuto dal Ministero e dalla Cei nonché membro dell’Epa - European Parents’ Association. Senza dimenticare che dietro la struttura ci sono le persone, le relazioni che sono il cuore pulsante di una realtà che arricchisce la casa comune, il nostro Paese. Lo facciamo per i bambini, i nostri ragazzi, per i figli di tutti perché si possa dare speranza al futuro.
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Fonte:Avvenire