Conciliare lavoro e famiglia: una sfida cruciale per il futuro dell’Italia

Conciliare lavoro e famiglia: una sfida cruciale per il futuro dell’Italia

La parità di genere è un tema cruciale ed ha un peso notevole anche su quello che viene definito “inverno demografico”.

Quest’estate era online un sondaggio sulla natalità. Davvero non si vogliono più fare figli o questa è una conseguenza di altri fattori? Ho fatto il questionario e, lo ammetto, una delle domande mi ha davvero innervosita. Non tanto la domanda in sé, quanto una delle opzioni di risposte fornite, perché, come soluzione a fare più figli, si proponeva di aumentare lo stipendio del papà, in modo che la mamma potesse stare a casa coi bambini. Peccato che non ci fosse anche l’opzione inversa, ossia aumentare lo stipendio di mamma, in modo che sia papà a stare a casa coi bambini.

Se un sondaggio come questo - che ha l’obiettivo di capire quali siano i motivi per il calo delle nascite - ha un’impostazione così distante dalla parità di genere, abbiamo l’ennesima dimostrazione che sì, si sta facendo tanto, ma siamo ancora davvero distanti dal raggiungere l’obiettivo. L’Italia continua ad avere un tasso di natalità tra i più bassi d’Europa, mentre guida la classifica per l’età più avanzata delle madri, che hanno il primo figlio in media intorno ai 33 anni. I fattori, ormai lo sappiamo, sono molteplici e vanno dall’allungarsi dei tempi di uscita dal nucleo familiare di origine, alle difficoltà nel trovare un lavoro stabile e una casa. Da un report Istat di aprile rispetto “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” emerge che, nonostante si sia registrato un miglioramento nella partecipazione al mercato del lavoro, permangono divari di genere e territoriali. Pur rimanendo inalterato il rapporto tra il tasso di occupazione tra donne con almeno un figlio in età prescolare e quelle senza, dal punto di vista della conciliazione lavoro-famiglia non vengono registrati apprezzabili miglioramenti. Inoltre, rispetto al lavoro domestico, l’indice rimane stabile al 61,6% sulle donne, interrompendo la tendenza al miglioramento che si era osservata negli anni precedenti.

L’Italia è ancora un Paese in cui si chiede alle donne di «lavorare come se non avessero un figlio e crescere i figli come se non avessero un lavoro». Un Paese in cui la donna si trova in prima linea a dover affrontare impegni familiari e professionali e il cui bilanciamento si rende possibile solo a fronte dell’abbandono del mercato del lavoro o con l’accettazione di un orario ridotto e la rinuncia a incarichi apicali all’interno dell’azienda.

Il congedo parentale è uno strumento che il legislatore ha messo a disposizione di lavoratrici e lavoratori, che consentirebbe, da un lato, un maggior coinvolgimento dei padri nella cura della prole e, dall’altro, di diminuire il divario di genere in ambito lavorativo. Di fatto, però, ad usufruirne sono principalmente le donne e questo proprio perché, avendo uno stipendio più basso, si preferisce far incidere il congedo sul loro stipendio, piuttosto che su quello dei padri. Conciliazione e natalità sono due facce della stessa medaglia: nei Paesi in cui le donne sono supportate nel bilanciamento tra gli impegni familiari e lavorativi, il tasso di natalità è tendenzialmente più alto. La conciliazione lavoro-famiglia richiede però un approccio integrato con interventi educativi, culturali e infrastrutturali oltreché legislativi: aumentare la rete di asili nido economicamente accessibili e incentivare la creazione di asili aziendali, deve diventare una priorità; regolamentare lo smart working, prevedendolo come misura standard aziendale e incoraggiare gli orari flessibili in presenza e da remoto per entrambi i genitori; promuovere una maggiore partecipazione dei padri con congedi obbligatori retribuiti; prevedere programmi di formazione e riqualificazione per quelle donne che interrompono la propria carriera per la cura dei figli o dei genitori malati; sensibilizzare le famiglie in modo che possano educare i propri figli e figlie in una visione più moderna del ruolo genitoriale, superando gli stereotipi di genere e incoraggiando la suddivisione dei carichi in famiglia; aiuti per il pagamento di babysitter o assistenti familiari e/o agevolazioni fiscali. Investire nella conciliazione tra lavoro e famiglia non è solo una necessità, ma un’opportunità. È un modo per rilanciare l’occupazione femminile, ridurre le differenze di genere e favorire una società più equa e inclusiva. È anche una strategia per garantire la sostenibilità demografica ed economica del Paese.

L’Italia ha davanti a sé una scelta: continuare a rimandare il problema, con il rischio di aggravare ulteriormente la crisi, o agire ora con decisione. L’esperienza di altri Paesi dimostra che il cambiamento è possibile. Serve la volontà di azioni concrete.
Elsa Ganassini
Segretario Nazionale

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: Avvenire