Ascoltare i testimoni della Resistenza per riscoprire il valore del 25 Aprile

Ascoltare i testimoni della Resistenza per riscoprire il valore del 25 Aprile

In questi giorni tante scuole hanno programmato la presenza in classe di qualche testimone delle vicende storiche che hanno lasciato ferite profonde nel nostro Paese durante e all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale. La data del 25 aprile rimane ancora uno di quei momenti in cui la memoria può fare da “maestra” e la storia non farci scordare quali tragedie hanno vissuto i nostri genitori, i nostri nonni, e quanto poi si sia impegnati per costruire una società più democratica e solidale.

Non è sempre facile rileggere le pagine di quella storia, oramai non più così tanto recente, che profonde ferite ha lasciato nel nostro Paese. Molto spesso nello svolgimento dei programmi di storia non si arriva a trattare la Seconda Guerra Mondiale. Ma anche quando questo argomento rientra nella quotidiana attività scolastica, la trattazione dei manuali sembra non esaurire a pieno la densità di quella vicenda che ha sconvolto il mondo, lasciando un’eredità terribile alle generazioni successive. È per questo che il racconto, la trasmissione “orale” di quei giorni, di quelle esperienze personalissime, vissute in prima persona o di riflesso da coloro che ne sono stati testimoni, magari adolescenti o appena fanciulli, assume sempre di più un grande valore e significato per i giovani d’oggi. Da qualche settimana nelle riflessioni che proponiamo come Agesc, associazione di genitori, dalle pagine di Avvenire è diventato inevitabile un riferimento a quello che stiamo vivendo, alla guerra in Ucraina. I testimoni dell’odio, della sofferenza e del dolore sono dunque sempre più importanti per aiutarci a conoscere e comprendere la storia, per creare in tutti noi la consapevolezza che la concordia civile, la pace, la capacità di dialogo sono il solo antidoto alla conflittualità ottusa e insensata. La parola, l’ascolto, la disponibilità a comprendere le ragioni dell’altro non sono quindi solo forme di pietosa e benevola accondiscendenza, ma principio di vita civile unico percorso per far crescere l’impegno a creare coscienze libere da condizionamenti ideologici e da fanatismi di qualsiasi natura, per educare persone che guardino a valori di solidarietà, giustizia, pace come le sole forme della civile convivenza.

Con questa ottica guardiamo al prossimo 25 Aprile, data che ha per noi il significato di “una fine” ma anche di “un inizio”, quello della ricostruzione umana e sociale prima ancora che materiale. Per anni e talvolta purtroppo ancora oggi, questa data è oggetto di contrapposizioni e polemiche che non aiutano a comprendere e fare proprio un percorso doloroso, tragico, ma che ha lasciato spazio ad un orizzonte decisamente diverso. Le drammatiche immagini che giungono dalle città dell’Ucraina improvvisamente e inaspettatamente caricano il 25 aprile di un significato nuovo. Non più solo l’anniversario della Liberazione e della rinascita italiana, ma l’occasione per celebrare l’importanza della pace. Il 25 aprile come festa della pace, è la nuova sfida culturale che ci attende.

Quello che è importante dunque ricordare e celebrare è sì il 25 aprile della Resistenza ma soprattutto delle “Resistenze” e della forza di tanti oscuri e umili protagonisti, a partire dalle donne, dai parroci, dai medici, dagli studenti dai ragazzini, che a rischio della vita hanno tessuto il nuovo sistema civile, dal quale è nata la nostra Repubblica. Perché se è vero che tanti furono i protagonisti di quella stagione alcune categorie meritano di essere ricordate in modo particolare e il loro impegno fatto conoscere alle nuove generazioni a partire dai banchi di scuola. Il pensiero va dunque a straordinarie figure che non ci sono più e che hanno poi ricoperto ruoli importanti nelle istituzioni democratiche, ma anche ai tanti eroi piccoli e grandi che hanno vissuto in maniera apparentemente ordinaria un periodo straordinariamente difficile e complesso. Forse è soprattutto più a loro che questo nostro Paese deve tanto per quello che è oggi. Va dunque incoraggiata la bella prassi che in molte scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado molti docenti sensibili hanno promosso, ossia intervistare i nonni sui loro ultimi periodi di guerra, per fissare nelle loro ricerche di studenti quelle testimonianze di vita vissuta che possono ancor oggi essere di stimolo all’impegno consapevole per la pace e la civile armonia.

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Fonte:Avvenire

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