È l’accoglienza degli alunni disabili la sfida più grande per la scuola cattolica

Ma lo Stato deve sostenere gli istituti paritari. Bene l’aumento dei fondi deciso dal ministro Valditara
È l’accoglienza degli alunni disabili la sfida più grande per la scuola cattolica

Il Centro Studi per la Scuola Cattolica della Cei (Cssc) ha recentemente organizzato un seminario di studio dedicato al tema dell’inclusione scolastica. L’incontro voleva riprendere gli obiettivi del XXV Rapporto del Cssc che è stato dedicato alla presenza degli alunni con disabilità nelle scuole italiane ed in particolare negli istituti paritari cattolici (Cssc, Includere la disabilità. Scuola Cattolica in Italia. Venticinquesimo rapporto, Scholè 2023).

Il dato di partenza è l’incremento della percentuale di alunni con disabilità nell’intero sistema pubblico nazionale di istruzione, statale e paritario, con un aumento percentuale maggiore nelle scuole cattoliche, anche se la quota di alunni con disabilità nelle scuole cattoliche è pari a circa la metà di quella delle scuole statali. La differenza si spiega facilmente con i costi per gli insegnanti di sostegno che in questi istituti è in gran parte a carico delle scuole e delle famiglie. Proprio per questo può essere interessante osservare la presenza degli alunni con disturbi specifici di apprendimento (Dsa). Non richiedono l’insegnante di sostegno e non producono costi aggiuntivi: nella secondaria di II grado sono percentualmente addirittura più del doppio nelle scuole cattoliche rispetto a quelle statali. Il rapporto è ampiamente superiore anche nella secondaria di I grado, a testimoniare la fiducia che raccoglie la scuola cattolica quando non è condizionata da fattori economici. Per questo è importante che sia stato incrementato per il corrente anno scolastico il fondo destinato all’accoglienza degli alunni diversamente abili nelle scuole paritarie con un decreto del 9 febbraio scorso a firma del ministro Valditara. « Il nostro obiettivo - ha dichiarato il ministro - è valorizzare tutte le realtà educative che fanno parte del nostro sistema pubblico di istruzione, con particolare attenzione in questo caso all’infanzia e agli alunni diversamente abili. A ogni studente deve essere garantita l’opportunità di costruire il proprio futuro».

Un ulteriore significativo passo in avanti per la libera scelta educativa delle famiglie.

Possiamo dire che per le scuole cattoliche l’inclusione è connaturata alla loro identità. Dietro l’accoglienza degli studenti con speciali bisogni educativi c’è l’antropologia cristiana e la missione della Chiesa, c’è una tradizione pedagogica e ci sono tanti carismi educativi che hanno prodotto i loro effetti su tutto il sistema scolastico, a livello nazionale e mondiale.

Come genitori riteniamo soprattutto importante una delle tesi sviluppate nel Rapporto: non si può più affrontare la disabilità nel percorso educativo scolastico come un problema e in maniera settoriale (con tutto l’apparato di classificazioni, certificazioni e insegnanti di sostegno), ma ripensando l’intera scuola e la sua organizzazione a partire dagli alunni più deboli. Infatti, come si dice nelle conclusioni del volume, «se vogliamo provare a riassumere in un concetto sintetico il contenuto di questo Rapporto, il messaggio principale è quello di raccogliere la sfida dell’inclusione e farne l’occasione per cambiare decisamente il nostro modello di scuola. Siamo infatti ancora legati all’idea della scuola-apparato, in cui la dimensione burocratica e organizzativa prevale su quella educativa».

E per la scuola cattolica questo è un indicatore strategico. Come scrive nella presentazione del volume monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, «è proprio sull’inclusione degli alunni con disabilità che si gioca la partita più delicata per la scuola cattolica perché, da una parte, essa deve essere all’altezza della sua missione e, dall’altra, l’intero sistema nazionale di istruzione non può escludere o penalizzare al suo interno, nella scuola paritaria, proprio i suoi alunni più fragili».

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Fonte:Avvenire