«Più famiglia per il bene della Chiesa e della società»

Schönborn: Dublino non è un tentativo di coprire gli scandali ma una risposta alle cause che li provocano
«Più famiglia per il bene della Chiesa e della società»

L’arcivescovo di Vienna: mai il Papa mette in dubbio la dottrina, che però deve passare nella vita delle persone, tenere presente il punto in cui si trovano nel loro cammino concreto

«L’Incontro mondiale delle famiglie non è un tentativo di coprire con un grande evento mediatico gli scandali che opprimono la Chiesa. Anzi, è una risposta diretta alle cause di quelle situazioni. Promuovere e sostenere la famiglia vuol dire costruire adulti equilibrati nelle relazioni e negli affetti. Più famiglia, significa anche meno situazioni contrarie al bene della società e della Chiesa». Il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, parla al termine del dibattito che ha guidato all’Incontro di Dublino. Con lui il primate anglicano d’Irlanda, l’arcivescovo Michael Jackson, il rettore del monastero patriar- cale ortodosso di Dublino, Mikhail Nasonov e il rabbino Zalman S.Lent. Al centro del confronto, famiglia, ecumenismo e dialogo interreligioso. Temi che poi il cardinale- teologo accetta di approfondire nel dialogo con Avvenire.

Poco fa ha detto che la famiglia può essere definita primo comandamento. Cosa significa?

Il professore Joseph Weiler, ebreo ortodosso di New York, spiega che l’Europa per ritrovare le sue radici, dovrebbe tornare alla Genesi, al “crescete e moltiplicatevi”, sottolineando che gli ebrei considerano questo passaggio il primo comandamento della Bibbia. E questo vuol dire generazione, famiglia, figli. Quando si parla di famiglia, occorre sempre aggiungere “famiglia ferita”. Anche questa è una verità biblica. La prima ferita è la conseguenza dell’allontanamento da Dio. E questo distacco si ripercuote anche nella coppia, cioè nelle relazioni umane. Lo stesso avviene tra i fratelli. La tragedia tra Caino e Abele rimane una ferita di famiglia. Una frattura che però va ricomposta.

Sembra che di fronte a situazioni così laceranti l’uomo non disponga delle energie necessarie. Quale strada per ricominciare?

Affidarsi a Dio, che offre nel matrimonio e nel rapporto con i figli un cammino di guarigione. Il primo luogo delle ferite è la famiglia. Ma è anche il primo luogo dove rinasce la vita perché con ogni generazione rifluisce la speranza. Papa Francesco lo spiega molto bene in Amoris laetitia.

Eppure Amoris laetitia, in questi due anni dalla pubblicazione, è stata al centro di tante critiche. Come mai?

Temo che coloro che hanno tanto criticato non siano stati in grado o non abbiano voluto leggere Amoris laetitia nella chiave del Vangelo. Nella Parola di Dio appaiono con chiarezza le ferite delle relazioni ma si mostra molto bene anche come la grazia del Padre sia fonte di rinascita. Tra la Croce e la Risurrezione anche la famiglia rinasce. Questa è proprio la mia esperienza diretta. Nella storia recente della mia famiglia abbiamo conosciuto molte ferite, ma abbiamo anche fatto l’esperienza di come la fede in Gesù guarisca. Rimangono le cicatrici, ma ci si trova davanti a una vera resurrezione.

Qualcuno continua a confondere la dottrina, che non cambia, con l’accoglienza pastorale. Come risolvere questa incomprensione?

Direi ai critici che dalla mia esperienza nei due Sinodi, la svolta sulle situazioni matrimoniali difficili è arrivata in un momento ben preciso, quando cioè il dibattito si è spostato dal piano dei principi a quelle delle esperienze personali. Alcuni vescovi hanno raccontato le storie di fallimento toccata a fratelli, sorelle, nipoti. Mi ricordo che un vescovo africano ha riferito la vicenda della sorella divorziata e risposta. Lì il clima è cambiato, dalla teoria alla verità della vita. Questo è proprio la lezione del discernimento insegnata da papa Francesco. Discernere il senso della parola di Dio nella vita quotidiana. Mai, in nessun momento, il Papa mette in dubbio la dottrina. La dottrina però deve passare nella vita delle persone, con sguardo attento ma amorevole, che deve tenere presente il punto in cui le persone si trovano nel loro cammino concreto. E qui il discernimento si salda con la misericordia.

Si tratta di un atteggiamento pastorale che possiamo utilizzare anche nei casi del abusi sessuali?

Anche gli abusi sono spesso storie familiari. E sappiamo che le ferite spesso provocano nuove ferite. Dietro un violento, dietro un uomo che abusa c’è spesso un bambino che a sua volta ha subito abusi nella sua infanzia. Non si tratta di giustificare, si tratta di capire. Le ferite familiari sono quasi sempre la causa remota di questi episodi che offendono le vittime, le famiglie e la Chiesa intera. Abbiamo bisogno di luce, di verità, di chiarezza su ciò che è accaduto e su ciò che ancora accade. Sostenere la famiglia vuole dire anche rispondere in modo concreto al bisogno di verità e di giustizia che c’è nel mondo.