Il sogno del Papa? Una Chiesa che riscopre la maternità di Dio
Rodriguez Maradiaga spiega la rivoluzione della tenerezza di Francesco. «La carne di Cristo è quella degli emarginati»Nel suo intervento il cardinale honduregno, infiammando l’Incontro delle famiglie di Dublino, ha parlato anche della continuità tra Bergoglio e i Papi precedenti, dal “Discorso della luna” a Benedetto XVI
«Il sogno del Papa è una Chiesa samaritana autentica, che sia qui per servire e non per giudicare né per essere servita. Vuole una Chiesa ferita e macchiata perché è uscita nelle strade, malata perché ha rinunciato a comfort e sicurezza, una Chiesa che non si imprigiona in una struttura rigida perché non teme i propri errori. Che dica no ai profeti di tristezza e al pessimismo sterile. Gioiosa e capace di riscoprire la maternità di Dio. È questa la rivoluzione della tenerezza». Ha letteralmente infiammato la platea internazionale il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras, chiamando il popolo delle famiglie ad aderire al sogno di Francesco, quella tenerezza che non significa debolezza ma è sinonimo di forza, che anzi pretende dalla Chiesa una conversione profonda «per diventare strumento non di autoconservazione, ma di evangelizzazione nel mondo». Anche se questo comportasse di «dover dire
adiòs a tutte quelle strutture che impediscono il cambiamento». Si sa, ha avvertito Rodriguez Maradiaga, ogni rivoluzione comporta ripercussioni, e la rivoluzione della tenerezza in un mondo oggi do- minato dalla cultura dello scarto porta grandi cambiamenti… Già nel 1994, ancora arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio «durante il Sinodo parlò di “tenerezza” e a un anziano padre sinodale che non trovava opportuno usare questo linguaggio spiegò che proprio dalla tenerezza di Dio discende la giustizia. Molti anni dopo, da Papa, aprirà l’Anno della misericordia. Che è un sinonimo». Lo ha ben spiegato in una Messa a Santa Marta, ricordata dall’arcivescovo latinoamericano. «La vicinanza di Dio agli uomini è uguale a quella di una madre che mentre parla al suo bambino lo accarezza – disse Francesco nell’omelia –: anche Dio ci ama in modo gratuito e il figlio si lascia amare».
Rodriguez Maradiaga si è anche commosso ricordando le parole con cui Francesco più volte ci ha invitati a rileggere Isaia 41, «una vera canciòn de cuna, una ninna nanna che Dio canta per ciascuno di noi» come una madre. O ancora quando, nel novembre 2016, rivolto alla Caritas Internazionalis citò «il brano delle Scritture in cui c’è un Dio che piange perché il suo popolo non ricambia il suo amore. Questa tenerezza è l’essenza del nostro Dio che dice: anche una madre può dimenticare i propri figli ma io no». Attenzione, però: la tenerezza implica la vicinanza, «significa toccarsi, abbracciarsi, non avere paura della carne», ha commentato il porporato, perché «Dio assunse carne umana e la carne di Cristo è di coloro che sono emarginati. Dunque proposte di spiritualità troppo teoriche sono una forma di agnosticismo», un sintomo di quella grave “cardiosclerosi”, durezza di cuore, che è il contrario della tenerezza. Linguaggi immaginifici e nuovissimi, quelli di Francesco, ma che si innestano nel solco dei Papi precedenti, dalla costituzione conciliare
Gaudium et spes su una Chiesa capace di continuare la missione di Cristo in terra, all’esortazione di Giovanni Paolo II nel 1983 ai vescovi dell’America Latina ad avviare una «evangelizzazione nuova per ardore», passando attraverso il famoso “Discorso della luna” di Giovanni XXIII («Date una carezza ai vostri figli»), fino all’udienza del 1° febbraio 2006 in cui Benedetto XVI parlò proprio della tenerezza di Dio. Deus caritas est, Dio è amore, e in perfetta continuità con Diòs es ternura, Dio è tenerezza, di Francesco. Secondo il quale è la famiglia il luogo in cui noi tutti impariamo la tenerezza, persino quando è sofferente, e per questo la sua salute è decisiva per il futuro del mondo: «Le buone azioni sono cose che apprendiamo solo nella “lingua locale”, nel dialetto della famiglia. Nessuna nazione potrà sostenere il proprio compito se prima non reggerà la famiglia».