Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione

Consulta Nazionale e Incontro delle Associazioni e Movimenti che si occupano di pastorale familiare
Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione

12 ottobre 2019, ore 10, Casa San Bernardo alle Tre Fontane - Via Laurentina, 289 Roma

1. Dal «nonostante...» all’«essere famiglia» come cammino di santità.
Più di una volta in occasione della confessione mi è capitato di trovarmi di fronte a delle donne che, alla domanda: «Di quali peccati senti di dover chiedere perdono a Dio», hanno candidamente risposto: «Padre sono una mamma di famiglia!». Certamente la penitente non voleva dire che l’essere mamma è peccato, ma che questa sua condizione era un ostacolo al suo cammino cristiano.
L’episodio è rivelativo di un modo di concepire la santità che il Concilio prima e papa Francesco ora tentano di sradicare. E’ quell’abitudine a pensare alla santità, come una specie di rovesciamento eroico delle tendenze personali o come un cammino di rinuncia, mentre il papa si premura di dire che la santità coincide con la felicità e che essa è un cammino verso la pienezza: «La santità – affermava papa Francesco in una udienza del mercoledì - è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano [...] Tante volte siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! E qualcuno pensa che la santità sia chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta... No, non è questo la santità!». Affermazione che ritroviamo nell’Amoris laetitia quando scrive: «Pertanto, coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica».
Nell’esortazione Gaudete et exultate il papa ci ricorda che la santità va letta confidenzialmente nel segno del tu. Essa non è un ideale astratto, ma sentire il dono di una «chiamata che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge a anche a te».3 Non è neanche monopolio di qualche categoria, mi riguarda perché battezzato. Citando il n.11 della Lumen gentium, Francesco rimarca l’espressione “ognuno per la sua via”. Non esiste la santità-fotocopia, ma vari stili di santità e ciascuno è chiamato a diventare santo «lì dove si trova».

La chiamata personale si radica però nella mediazione del noi. Come non si è cristiani da soli, nemmeno si può diventare santi da soli: «la santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due».4 Questo perché il soggetto della santità è «il santo popolo di Dio». Si può diventare santi solo entrando in una dinamica popolare, perciò anche la santità dev’essere «popolare»,5 perché non si dà elitarismo nel cristianesimo. È all’interno di tale prospettiva che il papa utilizza le espressioni della «santità della porta accanto», le «classi medie della santità» (J. Malègue),6 espressioni giornalisticamente apprezzabili e votate ad ampia circolazione, potrebbero però generare - almeno nelle persone meno provvedute - una impressione errata di qualunquismo o di santità a buon mercato. Ricordando che la santità è di tutti, papa Francesco sa di non fare un richiamo scontato, perché a questa comprensione non mancano ostacoli: quello, ad esempio, quello di considerare la santità come una graziosa sorte per soggetti privilegiati, mentre essa è vocazione di tutti...

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