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Serve una comunità educante forte per favorire il benessere dei ragazzi

La pandemia ha lasciato un’eredità molto pesante su studenti e famiglie. Che rilanciano l’impegno “dal basso” nei territori

Fragili, chiusi, sempre più in difficoltà nel relazionarsi con gli altri: questa è l’immagine complessiva dei nostri ragazzi usciti dalla pandemia, da una scuola vissuta spesso da casa, che se da un lato ha reso possibile continuare a lavorare, dall’altro ha certamente contribuito ad isolarli attraverso anche relazioni sempre più virtuali, che hanno alimentato un grande timore del giudizio e un forte senso d’inadeguatezza. Lo rilevano le scuole e lo testimoniano i genitori che condividono la preoccupazione ed il desiderio di poter dare loro una mano insieme a insegnanti e dirigenti. Una recente indagine, fatta da un’associazione di studenti, ha rilevato che per 9 studenti su 10 i compiti in classe e le interrogazioni sono fonte di ansia e stress, più del 60% riporta episodi di attacchi di ansia o di panico prima di una verifica, la maggior parte degli studenti sente il peso fortissimo, quasi oppressivo, del “giudizio” della interrogazione. Questa indagine rileva la grande difficoltà nell’affrontare gli impegni e la vita scolastica, talvolta non solo quella purtroppo, i carichi e le prove scolastiche sono vissuti come macigni. Da qui la necessaria presenza degli psicologi ed il lavoro dei pedagogisti nelle scuole come elemento essenziale dell’educare, del far crescere, non per il desiderio di medicalizzare la scuola, ma a sostegno del lavoro della comunità educante con l’obiettivo del benessere dei nostri ragazzi e dei nostri bambini. Ma come stare accanto ai nostri figli, nella scuola, mettendo in campo azioni positive che siano realmente efficaci?

“Ascolto” è la parola d’ordine, l’atteggiamento essenziale per stare in questo tempo complesso accanto alle giovani generazioni. Un ascolto attivo che vede impegnati in prima persona gli insegnanti. Sono spesso loro a rilevare le fatiche e gli stati degli studenti che cercano una guida, un appoggio, un consiglio e su questo terreno il lavoro di coinvolgimento fatto con i genitori è fondamentale.

Psicologi e personale degli sportelli di ascolto delle scuole, a partire dal Piano di Offerta formativa sottoscritto dai genitori al momento dell’iscrizione del proprio figlio, sono impegnati a sviluppare capacità di auto osservazione da diversi punti di vista, coinvolgendo in questo percorso la famiglia. «Spesso i ragazzi, nelle superiori, cercano un approccio al riparo dagli sguardi dei genitori – racconta una psicologa responsabile di uno sportello – bisogna capirli, ascoltarli e aiutarli a comprendere che alcuni processi passano inevitabilmente dalla condivisione in famiglia».

Momenti di aggregazione, condivisione, progettualità hanno ripreso ad offrire un punto di riferimento importante per gli studenti e di riflesso per i genitori stessi. «Stiamo rimodulando diverse attività – ci ha riferito una giovane preside – per andare incontro all’esigenza, oggi diventata prioritaria, di dare risposte proprio alla vulnerabilità e alla solitudine aumentate in questi ultimi due anni». La fatica, in tutto questo, è però un ingrediente che non può mancare. Educare è fatica e presuppone un cambiamento in noi adulti chiamati ad essere vicini a loro, ai nostri ragazzi, in questa fase difficile. Faticoso può essere il chiedere loro impegno, comprendere le difficoltà: non certo per rinunciare alla sfida, ma per affrontarla insieme.

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Fonte:Avvenire