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Cyberbullismo e solitudine dei nativi digitali interrogano scuola e famiglia

I social riempiono le giornate dei nostri ragazzi e, spesso, i genitori si trovano impreparati di fronte alle nuove sfide della comunicazione digitale

Riecheggiano ancora le parole del Santo Padre con giovani studenti quando li ha esortati ad ascoltare la voce della loro coscienza, a «non aver paura del silenzio e a smettere con l’uso intenso del telefonino che è uno strumento che serve per comunicare ma quando si abusa di esso diventa droga».

Ma perché i giovani sono così attratti da questa tecnologia e quali strumenti hanno i genitori per difendere i propri figli dai pericoli del web? Secondo Mauro Berti autore, con Serena Valorzi e Michele Facci, del libro “Cyberbullismo” - che sta portando in giro per l’Italia grazie anche alla collaborazione con l’Agesc - occorre partire dai nativi digitali la nuova generazione di giovani, definiti in modo approssimativo con questo termine, che hanno sviluppato necessità, tendenze, modi di essere e di rappresentarsi profondamente diversi dai nostri. Siamo noi genitori che li abbiamo portati ad interessarsi e ad innamorarsi di quei mondi che frequentano con apparente sicurezza. Quando vediamo un giovane assorto davanti allo schermo di un cellulare o di una consolle di gioco, dobbiamo avere la lungimiranza di vedere un giovane solo. Lui avrà certamente l’impressione di comunicare in quel momento con centinaia e centinaia di coetanei, ma non lo è. La sua mente percepirà comunque quella solitudine, nonostante il giovane, che non ha vissuto un’era pre-tecnologica come noi, potrebbe non riuscire a comprenderne i lati negativi.

Purtroppo quella che vivono in Rete Internet non è per loro una vita virtuale, ma la frequentazione di un ambiente che mi dà stimoli ed emozioni a ripetizione e che dobbiamo essere in grado di riconoscere e gestire come facciamo normalmente nella vita off-line. E qui entrano “in gioco” i genitori. Fare l’educatore nel terzo millennio è più faticoso, ci vuole pazienza e fermezza, perché il passaggio dalla famiglia, delle regole, dove il verbo era «bisogna fare così perché lo dico io», alla famiglia affettiva, orientata ad assecondare le esigenze dei giovani, non lo abbiamo ancora ben metabolizzato, ed in alcuni momenti siamo noi stessi spaesati e privi delle risposte che dovemmo invece essere in grado di fornire ai giovani.

Uno dei fenomeni più diffusi è il cyberbullismo, che non può essere osservato esclusivamente come una forma di bullismo tecnologico; qui entrano in gioco molti fattori, che dobbiamo imparare a riconoscere ed organizzarci a combattere, che rendono questi fatti molto più gravi di quelli che capitano fuori dalla rete Internet. Raramente si legge di giovani persone che fanno scelte estreme perché vittime di bullismo, mentre quelle che vengono colpite attraverso la tecnologia ed agiscono in tal senso sono molte di più. Uno dei problemi della Rete è la nozione di memoria infinita, dove cancellare contenuti è praticamente impossibile per una svariata serie di motivi tra i quali, anche, quello che spesso i dati inseriti lì dentro diventano di proprietà di altri soggetti che li rendono disponibili a tutti, consentendo a una vasta platea di utenti di consultare quei contenuti, favorendone la divulgazione. Bisogna investire con loro del tempo, specie quando sono giovanissimi, trascinarli fuori dalla rete Internet e far loro vivere le emozioni che la vita ordinaria regala a tutti noi. In diverse scuole è stato fatto un progetto specifico. Vi sono ricerche, che ci spiegano come la qualità di vita sia notevolmente migliorata per gruppi di ragazzi che hanno affrontato alcune settimane senza le relazioni proposte dai social network; lo stress e l’invidia, quella che si prova a osservare i profili patinati dei social degli amici, sono sensibilmente calati e la qualità della relazioni tra pari, che si è sviluppata off-line, è decisamente migliorata.

Assieme alla famiglia, uno degli attori principali nell’educazione giovanile è la scuola che dovrebbe costruire un rapporto di complicità finalizzato ad offrire un piano formativo evoluto che interessi anche il settore delle moderne tecnologie della comunicazione. D’altronde, quello che non riesce a fornire la famiglia, per i mille limiti che si incontrano, può essere offerto all’interno della proposta educativa della scuola.

A cura dell’Ufficio stampa Agesc