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Italy Findings 2018 - Global Parents' Survey

Only one in five (21%) Italian parents think standards of education have got better in the last 10 years

Only one in five (21%) Italian parents think standards of education have got better in the last 10 years, the fourth
lowest of all the countries surveyed after Russia and South Africa (20%), Germany (19%) and France (8%).

Italian parents spend longer helping their children with their education than parents in any other European country surveyed, with 25% spending 7 hours or longer per week, versus 17% in Spain, 14% in Germany, and 11% in the UK and in France.

Italy is the only major European economy where parents overwhelmingly (70%) support the government providing education vouchers. This is higher than Spain (51%), France (44%), the UK (39%) and Germany (39%).

Italians place more importance on university than any other European country surveyed, with 37% of parents saying it’s extremely
important their child attends and 66% saying it’s very important.

Only 39% of Italians are optimistic about their child’s future, far lower than the survey average of 60%, lower than many established economies such as the US (68%) and UK (57%), and only marginally higher than Germany (38%) and France (31%).


Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2017

Italia

Nel volume 2 della relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2017
figurano ventotto relazioni sui singoli paesi. La relazione prende le mosse dalle prove quantitative e
qualitative più aggiornate per presentare e valutare le principali misure programmatiche recenti e
in corso di realizzazione in ciascuno Stato membro dell'UE, rivolgendo particolare attenzione agli
sviluppi intervenuti dalla metà del 2016. Essa integra pertanto le fonti di informazione esistenti,
che offrono descrizioni dei sistemi nazionali di istruzione e formazione.
La sezione 1 presenta una panoramica statistica dei principali indicatori per l'istruzione e la
formazione; la sezione 2 si sofferma brevemente sui punti di forza e sulle problematiche principali
del sistema di istruzione e formazione a livello nazionale; la sezione 3 è incentrata sulle cause delle
disuguaglianze nell'istruzione e sulle misure per promuovere l'inclusione, basandosi in particolare
sui dati del programma di valutazione internazionale degli studenti 2015 (PISA) dell'OCSE, nonché
sui recenti sviluppi in materia di abbandono scolastico e di educazione e cura della prima infanzia;
la sezione 4 esamina gli investimenti nell'istruzione e nella formazione; la sezione 5 si occupa delle
politiche volte a modernizzare l'istruzione scolastica che riguardano, tra l'altro, l'insegnamento
come professione e le competenze digitali e linguistiche; la sezione 6 analizza le misure intese a
modernizzare l'istruzione superiore; infine la sezione 7 riguarda l'istruzione e la formazione
professionale nonché l'istruzione per gli adulti.
Redazione completata il 15 settembre 2017.
Ulteriori dati contestuali sono reperibili online (http://ec.europa.eu/education/policy/strategicframework/
et-monitor_it)...


Una politica nazionale di contrasto del fallimento formativo e della povertà educativa

Cabina di regia per la lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa - Gennaio 2018

Premessa

E’ tempo per una grande politica nazionale tesa a battere il fallimento formativo in Italia.

Affermare - attraverso costanti e ben articolate politiche pubbliche - l’obiettivo di battere la cosiddetta dispersione scolastica - il fallimento formativo - significa occuparsi bene del nostro oggi e guardare lontano. Non si tratta solo di trovare soluzione a un problema del nostro sistema scolastico che dura da decenni ma di puntare alla crescita dell’Italia in un’ottica di equità e nel rispetto dell’art. 3 della Costituzione della Repubblica in accordo con tutti gli indirizzi di politica economica.

La dispersione non è un epifenomeno marginale, per quanto numericamente significativo; non è solo una disfunzione della scuola; per il sistema di istruzione e formazione non è un problema, è il problema. Ma, ancora di più, la dispersione è causa e insieme conseguenza di mancata crescita e, al contempo, di deficit democratico nei meccanismi di mobilità sociale del nostro Paese ed è l’indicatore di una deficienza del nostro sistema in termini di equità.

La conseguenza della dispersione non è solo la perdita, per centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi - in un Paese che fa pochi figli - delle opportunità che derivano dal compimento della scuola superiore o di una seria formazione professionale. La caduta di tali opportunità, infatti, comporta dei fortissimi rischi per ciascuna delle persone in crescita interessate. Condanna all’emarginazione sociale una fetta della popolazione all’avvio della vita con rischi multidimensionali in termini di minore aspettativa di vita, maggiore possibilità di contrarre malattie, di cadere in dipendenze da alcool e sostanze psicotrope, di delinquere, di essere precocemente messo fuori o ai margini del mercato del lavoro, di conoscere la povertà precoce e di non uscire dalla povertà per l’intera vita, di non partecipare alle comuni decisioni e all’esercizio dei diritti democratici.

Se per le persone si tratta di un rischio – in termini di mancata cittadinanza e di possibilità di una vita dignitosa – il perdurare del fallimento formativo di massa comporta una perdita economica per l’intero Paese in termini di PIL e di coesione territoriale e sociale. Rappresenta un abbassamento del livello culturale dell’intera società. Produce una maggiore spesa pubblica per sanità, sicurezza e per spesa sociale dedicata alle diverse età della vita. Genera marginalità e conflitto sociale. Condiziona negativamente la partecipazione democratica di tutti.

Le varie indagini sul fenomeno che si sono susseguite - a partire almeno dalla seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso ma già ben presenti in Lettera a una professoressa dei ragazzi di Barbiana, cinquanta anni orsono - ne hanno, di volta in volta, nel corso delle diverse stagioni della vicenda nazionale, chiarito i contorni e hanno dato evidenze dalle quali bisogna partire per intervenire.

Nel 2014 la VII Commissione della Camera dei deputati approvò un documento, elaborato al termine di una indagine conoscitiva, molto larga e partecipata, sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica, delineando delle linee di indirizzo anche sulla base di un rapporto del MIUR. Si tratta solo del più recente documento prodotto dalle Istituzioni democratiche che disegna una risposta condivisa a una situazione intollerabile, universalmente riconosciuta come tale da ogni parte politica e da tutte le forze sociali e della cultura. Questo ennesimo documento di indirizzo è nato da quanto, da decenni, fanno le scuole, il privato sociale, gli enti locali e dal maturare – grazie alla pratica educativa viva ed al dibattito pubblico informato – di migliaia e migliaia di buone esperienze diffuse ovunque in Italia, nelle scuole e nel più largo mondo della formazione e dell’educazione. Nello stesso tempo - e spesso in sinergia con le azioni degli attori in campo - l’amministrazione scolastica centrale e periferica, le regioni, gli enti locali sono intervenuti con misure dedicate e di sistema, hanno destinato risorse e promosso indirizzi, analisi, azioni. L’OCSE, le Nazioni Unite, la UE attraverso Commissione e Parlamento, studiosi, analisti hanno dato il loro contributo a un dibattito costante e ricco. Abbiamo dati, evidenze, indicazioni e obiettivi chiari e largamente condivisi tra Italia e UE.

Questo grande deposito di esperienze, riflessioni e studi ci segnala da tempo, in modo inequivocabile e concorde, che per raggiungere gli obiettivi - insieme italiani ed europei - in tema di inclusione sociale legati alla battaglia contro il fallimento formativo occorrono azioni concertate con tutti gli attori educativi e sociali ed è indispensabile anche riavviare un dibattito onesto sui nodi concettuali, politici e operativi che attengono alla questione cruciale del perché tanto lavoro non ha prodotto un risultato da tutti auspicato.
Il presente rapporto fa tesoro, sia pure in forma sintetica, di quanto prodotto dalla riflessione politica e scientifica, nazionale e internazionale, nonché dalle numerose esperienze fin qui condotte...


Uno sguardo sull’istruzione 2017 - Indicatori dell’OCSE

OECD Multilingual Summaries

I laureati delle discipline scientifiche sono i più “occupabili”, sebbene non sia così per tutti

Nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE, i titoli accademici più diffusi tra gli adulti sono quelli
conseguiti in economia, gestione e giurisprudenza. In media nell’area dell’OCSE, il 23% dei 25‑64enni è titolare di una laurea in uno di questi tre campi di studio, rispetto al 5% in scienze naturali, statistica e matematica, al 4% nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e al 17% in ingegneria, produzione industriale e nel settore delle costruzioni. I nuovi iscritti all’istruzione terziaria fanno registrare una quota simile, indicando che l’interesse per questi campi di studio resta stabile.
Tuttavia, l’interesse per la scienza, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica (le cosiddette discipline STEM) cresce nei livelli superiori d’istruzione, registrando una quota quasi due volte superiore di studenti titolari di una laurea nelle discipline STEM a livello del dottorato rispetto agli studenti titolari di una laurea di primo livello. Questi campi di studio sono altresì preferiti dagli studenti universitari internazionali, con la quota più elevata, quasi un terzo degli studenti internazionali nei Paesi dell’OCSE, che preferisce le discipline a indirizzo scientifico.
L’interesse per l’ingegneria è maggiore nei percorsi d’istruzione professionale secondaria superiore
rispetto al livello terziario, a causa dei forti legami di questi programmi professionali con il settore
industriale. Circa un terzo degli studenti è titolare di un diploma di istruzione secondaria superiore a
indirizzo professionale nei settori ingegneria, produzione industriale e costruzioni – oltre il doppio della
quota a livello terziario.
I campi di studio a indirizzo tecnico‑scientifico (STEM – scienza, tecnologia, ingegneria, matematica)
beneficiano altresì dei più alti tassi di occupazione, riflettendo la domanda di una società sempre più
orientata verso l’innovazione: i laureati nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni
possono puntare su un tasso di occupazione che supera di sette punti percentuali quello degli studenti
laureati nel campo delle belle arti e delle discipline classico‑umanistiche, delle scienze sociali, del
giornalismo e dell’informazione. Tuttavia, i tassi di occupazione nei diversi campi scientifici non sono
omogenei: i laureati in scienze naturali, statistica e matematica hanno un maggior numero di probabilità di
registrare tassi di occupazione analoghi a quelli degli studenti nel campo artistico e letterario – entrambi
inferiori ai tassi di occupazione degli ingegneri e degli esperti di TIC.
La parità di genere nei tassi di conseguimento dei titoli di studio resta ancora una realtà distante in
alcuni campi di studio, specie nell’istruzione secondaria superiore professionale. La parità di genere
migliora nell’istruzione terziaria, anche se le donne rappresentano ancora circa solo una matricola su
quattro in ingegneria, produzione industriale e edilizia. D’altro canto, esse rappresentano quasi tre
matricole su quattro nei campi di studio del settore della sanità e della protezione sociale. Tra i nuovi
iscritti, altre discipline – quali economia aziendale, management e giurisprudenza; nonché scienze
naturali, matematica e statistica – hanno quasi raggiunto la parità di genere...


Il benessere degli studenti in PISA 2015 - A cura di Marco Bardelli

L’OCSE ha pubblicato un interessante volumetto relativo al “benessere degli studenti”, che si basa su PISA 2015. Marco Bardelli l’ha tradotto e sintetizzato in italiano, facendone una pubblicazione per il sito ADi.

L’OCSE ha pubblicato un interessante volumetto relativo al “benessere degli studenti”, che si basa su PISA 2015. Marco Bardelli l’ha tradotto e sintetizzato in italiano, facendone una pubblicazione per il sito ADi.

L’indagine considera quattro dimensioni del benessere tra loro interconnesse:
1. benessere psicologico (supportato da autostima, motivazione, resilienza, senso di auto-efficacia, ottimismo);
2. benessere sociale (si riferisce alla qualità delle relazioni in famiglia, con il gruppo dei pari e con gli insegnanti e inoltre alla valutazione dei propri stati d’animo rispetto alla vita sociale dentro e fuori la scuola);
3. benessere cognitivo (include la capacità degli studenti di risolvere problemi da soli o in gruppo e le abilità di ragionamento di alto livello come il pensiero critico e la capacità di confrontare punti di vista da varie prospettive);
4. benessere fisico (si riferisce alla salute fisica e all’adozione di un sano stile di vita).

Il benessere è stato indagato in relazione a quattro aree:
1. gli esiti scolastici,
2. le relazioni con i coetanei e con gli insegnanti,
3. la vita domestica,
4. l’uso del tempo libero al di fuori dalla scuola.

In merito a quella che può essere una delle più interessanti associazioni, ovvero quella tra risultati scolastici e il benessere degli studenti, gli esiti di PISA evidenziano una relazione debole tra le due variabili.

Nella maggior parte dei Paesi i migliori studenti riportano livelli di benessere simili a quelli con i risultati scolastici più bassi. Inoltre è emerso come gli studenti dei Paesi con i peggiori risultati nel test PISA di scienze tendano a riportare livelli più alti di benessere rispetto agli studenti di Paesi con risultati migliori, anche se ciò non risulta ovviamente vero per tutti i Paesi. Queste relazioni risentono sicuramente di aspetti di carattere culturale difficili da estrapolare, ma indicano anche l’influenza negativa sul benessere dell’ansia connessa ai risultati.

Per quanto riguarda l’Italia, in PISA 2015 siamo al di sotto della media sia nei risultati dei test sia nel livello di soddisfazione percepita dagli studenti per la propria vita (6,8 rispetto alla media di 7,3 e al livello massimo di 10).

Non esiste una ricetta universale per fare di una scuola una “scuola felice”, ma numerosi studi evidenziano che le scuole, in cui gli studenti presentano un maggior grado di soddisfazione, hanno in comune le seguenti caratteristiche:
• attività disciplinari impegnative; • ordine e disciplina; • coinvolgimento dei genitori; • cura, rispetto e fiducia negli studenti; • una relazione positiva tra studenti e insegnanti; • equità


Rilevazione Nazionale degli Apprendimenti 2017

Le rilevazioni dell’a.s.2016-17: i primi risultati INVALSI (Roma, 6 luglio 2017)


• Introduzione

• Le prove INVALSI 2017

• L’attendibilità dei dati

• La rappresentazione dei dati del rapporto 2017

• I risultati nelle aree del Paese, nei livelli e nel tempo

• Il valore aggiunto di scuola

• L’ancoraggio delle prove: verso i livelli di risultato

• La variabilità dei risultati

• Le competenze dei nostri studenti

• Considerazioni conclusive


Genius Hour: moda o strategia?

Negli Stati Uniti la moda didattica del momento, dopo la flipped classroom , è la Genius Hour, che comincia ad avere adepti anche fra gli insegnanti italiani

Negli Stati Uniti la moda didattica del momento, dopo la flipped classroom , è la Genius Hour, che comincia ad avere adepti anche fra gli insegnanti italiani. Non è una novità, ma, come sempre accade, dopo un periodo di incubazione abbastanza silenzioso, ora la si trova citata in molti blog, riviste ecc..

Ma cos’è la Genius Hour?
La Genius Hour è un progetto che si sviluppa in classe ( ma anche nei luoghi di lavoro), che dà agli studenti il tempo e la possibilità di esplorare le proprie passioni e i propri interessi. Il tempo concesso agli studenti può variare da un’ora alla settimana al 20% del tempo totale delle lezioni a scuola. Lo scopo è fare emergere le potenzialità e la creatività di ciascun bambino e ragazzo , dando loro la libertà di affrontare e sviluppare un argomento scelto da loro stessi, che prende avvio da una domanda riferita alle loro passioni e curiosità.

L’origine
Si dice che la Genius Hour sia stata per la prima volta sperimentata da Google. Il gigante dei motori di ricerca permette infatti ai suoi tecnici di trascorrere il 20% del proprio orario di servizio su progetti di loro interesse. L’idea è semplicissima: date alle persone la possibilità di lavorare su ciò che a loro piace e la produttività crescerà. Presso Google questa politica ha funzionato così bene che si dice che il 50% dei loro progetti, come ad esempio Gmail e Google News , sia stato realizzato durante questo orario creativo. L’uso della parola genius va ricercato nella etimologia di questo termine ossia nel verbo latino geno, generare, creare, che porta diritto a creatività, che è il fulcro del progetto...


Presentazione Indagine internazionale 2015

OCSE PISA - Roma, 6 dicembre 2016

L’indagine PISA
PISA, acronimo di Programme for International Student Assessment, è un'indagine internazionale promossa dall’OCSE, con cadenza triennale. Il primo ciclo dell’indagine si è svolto nel 2000; il 2015 è stato il sesto ciclo. L’Italia partecipa fin dal primo ciclo.
L’obiettivo principale di PISA è rilevare le competenze degli studenti di 15 anni in Lettura, Matematica e Scienze. Ogni rilevazione è costituita da un dominio principale d’indagine e da due domini minori. Il dominio principale nel ciclo 2015 è stato Scienze (per la prima volta dominio principale nel 2006).
A partire dalla rilevazione 2012, si è cominciato a introdurre la somministrazione delle prove cognitive al computer. Nel 2015 l’intera somministrazione – prove cognitive e questionari di sfondo – è stata effettuata via computer.
Oltre alle prove cognitive e ai questionari di sfondo, i Paesi partecipanti possono aderire anche a opzioni internazionali. Di seguito sono elencati i domini e gli argomenti di sfondo, ivi comprese le opzioni internazionali, a cui l’Italia ha partecipato in PISA 2015...


Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2016 Istruzione e formazione - Italia

Idee per la scuola

Nel volume 2 della relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2016 figurano ventotto relazioni sui singoli paesi. La relazione prende le mosse dalle prove quantitative e qualitative più aggiornate per presentare e valutare le principali misure programmatiche recenti e in corso di realizzazione in ciascuno Stato membro dell’UE, rivolgendo una particolare attenzione agli sviluppi intervenuti dalla metà del 2015. Essa integra pertanto le fonti di informazione esistenti, che offrono descrizioni dei sistemi nazionali di istruzione e formazione.

Le relazioni nazionali sono così articolate: la sezione 1 presenta una panoramica statistica dei principali indicatori per l’istruzione e la formazione; la sezione 2 si sofferma brevemente sui punti di forza e sulle problematiche principali del sistema di istruzione e formazione a livello nazionale; la sezione 3 esamina la spesa per l’istruzione nonché le sfide demografiche e in materia di competenze; la sezione 4 è incentrata su abbandono scolastico, educazione e cura della prima infanzia e competenze di base quali ambiti importanti per contrastare le disuguaglianze e promuovere l’inclusione; la sezione 5 si occupa delle politiche volte a modernizzare l’istruzione scolastica che riguardano, tra l’altro, il settore dell’insegnamento e le competenze digitali e linguistiche; la sezione 6 analizza le misure intese a modernizzare l’istruzione superiore; infine la sezione 7 riguarda l’istruzione e la formazione professionale nonché l’istruzione per gli adulti.

Il manoscritto è stato ultimato il 15 settembre 2016.
ec.europa.eu/education/monitor