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GIORNATA DELLA MEMORIA

Nell’aprile del 1963, due mesi circa prima di morire, Papa Giovanni XXIII emanava la lettera enciclica “Pacem in terris”, un documento del magistero della Chiesa che ebbe una eco grandissima e che definire “profetico” è dire poco. Il richiamo del Papa Buono è di grandissima attualità e ci ritorna in mente in questo Giorno della Memoria segnato da una tragedia infinita di dolore che papa Francesco ha definito, giustamente, la “terza guerra mondiale a pezzetti”.
Oggi come in quell’aprile di più di 60 anni fa il monito alla ricerca e al mantenimento della pace a tutte le persone di buona volontà e soprattutto ai politici, e agli uomini di governo sembra cadere in un “silenzio assordante”. Il silenzio di chi assiste alla morte quotidiana ti tanti civili innocenti, donne e bambini soprattutto. Sembra che noi tutti non siamo più capaci di indignarci, se non di prendere posizione, di fronte a quello che sta succedendo.
Così se da un lato gli eventi della “memoria” si moltiplicano e le testimonianze dei pochi sopravvissuti agli orrori dei lager tornano d’attualità, dall’altro tutto questo sembra fermarsi alla “celebrazione”, ad un ricordo che ci provoca solo in superfice.
Ricordare e fare memoria oggi dell’Olocausto e di tutte le persone oppresse dalla follia omicida del nazifascismo vuol dire non farle morire un’altra volta perché il rischio c’è; e vuol dire dare strumenti ai nostri giovani per crescere nella consapevolezza che si può sempre scegliere, che le atrocità della guerra, di tutte le guerre, non sono tragedie avvenute per caso, ma conseguenze di scelte alle quali non ci si è opposti.
E se i giovani hanno diritto di sapere, noi abbiamo il dovere di non stancarci mai di trasmettere la memoria di quell’orrore affinché non si ripeta oggi più ancora di ieri. Come AGeSC siamo convinti che la memoria si coltiva e si nutre soprattutto a scuola, tra i banchi dove siedono i nostri figli.
Nel suo diario Etty Hillesum, la scrittrice ebrea olandese vittima dell’Olocausto, diario che è un atto di amore e tolleranza che meriterebbe di essere insegnato nelle scuole e università scriveva: “Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso - se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo.”